Responsabilità civile

Danno da cose in custodia: appalto di opere e responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c.

Il custode risponde dei danni provocati dalla cosa ma non di quelli causati dalle modalità con cui l'appaltatore ha eseguito lavori di restauro o manutenzione sulla stessa

In caso di danno provocato da un bene pubblico, il custode va esente da responsabilità ex art. 2051 c.c. se il danno non è cagionato dalla cosa in sé ma è conseguenza immediata ed esclusiva dei lavori di restauro alla cosa stessa, appaltati ed eseguiti da terzi.

Questo, in sintesi, il principio di diritto affermato dalla Terza sezione civile della Corte di Cassazione (ordinanza n. 4288/2024 - testo in calce), accogliendo il ricorso incidentale di un Comune, che era stato condannato a risarcire i danni ad un privato, a seguito del crollo del muro di contenimento di una strada comunale.

La Corte ha ribadito che, posto che il danno era diretta conseguenza dei lavori di ripristino al muro, effettuati da un appaltatore terzo e mai autorizzati dal Comune, quest’ultimo non era chiamato a risponderne.

Sommario

dannoeresponsabilità
Danno e Responsabilità Un approfondimento sul tema del Danno alla persona con le opinioni degli esperti.

Il caso

Nel 2012 il proprietario di un fondo posto a dislivello rispetto al piano di una strada comunale, conveniva in giudizio il Comune di Gragnano e la Regione Campania, lamentando danni al fondo a seguito del crollo del muro di contenimento stradale, posto a monte.

Riferiva che i danni erano stati risarciti dall'assicuratore del Comune ma che la ricostruzione dell’opera ne aveva arrecati di ulteriori, occupando una porzione di terreno in modo permanente, imponendo illegittimamente una servitù di fatto tramite la realizzazione di condutture di deflusso delle acque meteoriche e compromettendo la statica del terreno.

Chiedeva quindi la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento dei danni e alla riduzione in pristino dei luoghi.

Con sentenza, pronunciata nel 2015, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, rigettando però la richiesta dell’attore, di ulteriori somme che questi aveva sostenuto per la messa in sicurezza del terreno, in seguito alla ricostruzione del muro.

Il diniego veniva motivato rilevando che i lavori di riduzione in pristino riguardavano un’opera pubblica, quindi non potevano esser stati eseguiti personalmente dall'attore, per cui le somme non erano dovute.

Il giudizio d’appello

La sentenza veniva appellata da tutte le parti e la Corte d'appello di Napoli in parte rigettava e in parte dichiarava inammissibili tutti i gravami.

Il giudice di secondo grado ribadiva la responsabilità del Comune, ex art. 2051 c.c. in quanto proprietario della strada, a nulla rilevando che le opere di ripristino, asseritamente causa del danno, fossero state realizzate dalla Regione. Condivideva inoltre la valutazione del Tribunale circa l’esecuzione di dette opere in modo imperito e anche la stima del danno.

Su quest'ultimo punto correggeva però la motivazione del Tribunale, rilevando che il rischio di dissesto era già stato eliminato dalla Regione, quindi i lavori di messa in sicurezza del terreno in realtà non erano necessari.

Conseguentemente tornava a negare il riconoscimento dell’ulteriore importo chiesto a titolo risarcitorio, non tanto perché relativo a lavori pubblici che solo la P.A. avrebbe potuto eseguire (come affermato dal primo giudice), ma perché tali lavori non erano necessari, per cui non esisteva un danno risarcibile.

Il ricorso per cassazione

La sentenza d'appello veniva impugnata per cassazione: dall’attore, in via principale, e dal Comune di Gragnano con ricorso incidentale, mentre la Regione notificava controricorso per resistere al ricorso incidentale.

Tra i gravami è qui di interesse quello del Comune, che lamentava, tra l’altro, l’erronea affermazione della propria qualità di custode e la conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c., rilevando di non aver mai eseguito né commissionato i lavori da cui era derivato il danno.

Secondo la Cassazione il motivo è fondato.

La Corte osserva che il giudizio d’appello aveva accertato che il danno oggetto del contendere non era quello arrecato dal crollo del muro (già risarcito dall'assicuratore del Comune) ma quello conseguente all'esecuzione dei lavori, di cui il Comune non era committente. Non poteva quindi applicarsi l'art. 2051 c.c. e la correlata responsabilità, mancando il presupposto della norma, cioè il danno arrecato dalla cosa.

La responsabilità da cose in custodia nella giurisprudenza di legittimità

La responsabilità del custode – ricorda la Corte – non è fondata su un titolo giuridico (la proprietà, un diritto reale, ecc.) ma su un rapporto di fatto, ossia la possibilità per il custode di esercitare una signoria sulla cosa. Se questa manca viene meno la qualità di custode e, con essa, la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c..

Ne consegue che il custode risponde dei danni provocati dalla cosa ma non di quelli causati dalle modalità con cui un eventuale appaltatore ha eseguito lavori di restauro o manutenzione sulla stessa.

La giurisprudenza di legittimità è peraltro consolidata nell’affermare la responsabilità del custode Pubblica Amministrazione per i danni causati dalle condizioni in cui versa la res anche quando (ed in quanto, e come) questa sia stata modificata (si veda, tra le ultime, Cass., ord. 16/11/2023, n. 31949). Resta però escluso il caso in cui la modifica sia avvenuta con modalità tali (immediatamente prima, ad esempio) da escludere un’oggettiva possibilità di qualsiasi pronta reazione da parte del custode.

Occorrerà quindi stabilire se il danno è causato dai (ed in costanza dei) lavori eseguiti alla cosa, o se dipende da quest’ultima, come risulta all'esito dei lavori una volta cessati: nel primo caso, la simultaneità della condotta dell'esecutore dei lavori elide il nesso causale con la cosa; nel secondo, la cessazione dei lavori da tempo idoneo, consente il ripristino di un’oggettiva possibilità di intervento o adeguamento da parte del custode.

Conclusioni

Nel caso di specie, concludono i giudici, l'invasione del fondo altrui con materiali di risulta o l'imposizione di fatto di una servitù di scolo delle acque reflue, non erano stati causati dalla cosa, bensì dalle modalità di esecuzione dei lavori di ripristino della stessa, mai commissionati dal Comune.

Sulla scia di tali considerazioni il ricorso incidentale è stato quindi accolto sullo specifico punto, applicando il seguente principio di diritto: "non è un danno arrecato "dalla" cosa, e come tale non legittima l'applicazione delle previsioni di cui all'art. 2051 c.c., il danno arrecato dall'appaltatore a terzi, e derivante immediatamente ed esclusivamente dalle modalità con cui ha scelto di eseguire i lavori di restauro della cosa oggetto dell'appalto".

>> Leggi anche:

One LEGALE | Experta Responsabilità Civile Un’analisi completa di tutte le tipologie di danno, risposte pratiche e tanti strumenti - guide, news, action plan - per tutelare al meglio ogni tuo cliente.

Novità editoriali

Vedi Tutti
Danno e Responsabilità
Risparmi 20% € 265,00
€ 212,00
ilQG - Il Quotidiano Giuridico
Risparmi 52% € 250,00
€ 118,80
Il danno alla salute
Risparmi 30% € 160,00
€ 112,00
Calcolo e liquidazione di danni, interessi e rivalutazione
Risparmi 30% € 140,00
€ 98,00
Codice della Responsabilità Civile e RC Auto
Risparmi 30% € 160,00
€ 112,00
La responsabilità civile del notaio
Risparmi 30% € 35,00
€ 24,50
La Responsabilità Civile. Parte generale
Risparmi 30% € 90,00
€ 63,00

Codici e Ebook Altalex Gratuiti

Vedi tutti