Penale

Reddito di cittadinanza: è reato non comunicare lo stato di detenzione del familiare convivente

Lo stato detentivo costituisce causa di riduzione del beneficio e parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica (Cassazione n. 16445/2024)

L’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare integra il reato di cui all’art. 7 del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, in quanto detto stato costituisce causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza e parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica (Cassazione penale, sentenza n. 16445/2024 - testo in calce).

Il fatto

Il ricorrente veniva condannato nei due gradi di giudizio, sia pure con rideterminazione della pena in melius in appello, per avere, dopo la presentazione della domanda volta all’ottenimento del reddito di cittadinanza, omesso di comunicare le variazioni del proprio nucleo familiare, derivanti dal sopravvenuto stato di detenzione del familiare dichiarato convivente, e per avere autocertificato, in una successiva istanza volta alla concessione del reddito di cittadinanza, di essere convivente con detto familiare sebbene questi, al momento di tale dichiarazione, fosse detenuto in carcere.

Ricorreva per cassazione l’interessato deducendo che la disposizione normativa che disciplina il reato de quo (art. 7 del D.L. n. 4 del 2019) si occupa soltanto di sanzionare l’omessa comunicazione riguardante variazioni sullo status economico del fruitore del beneficio, e non può estendersi, per il divieto di interpretazione analogica delle norme penali, a fattispecie diverse da quelle tipizzate; ciò anche in ragione della confusione generata sulla conoscibilità della norma penale dalla previsione dell’art. 3, comma 12, del D.L. n. 4 del 2019 che dall’omessa comunicazione dei dati afferenti la composizione del nucleo familiare farebbe discendere soltanto la immediata decadenza dal beneficio.

La sentenza

La Corte di cassazione ha ritenuto infondato il ricorso ribadendo i principi già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. III, n. 1351/2022), secondo cui l’omessa comunicazione del sopravvenuto stato di detenzione di un familiare integra il reato di cui all’art. 7 del D.L. 213 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, in quanto detto stato costituisce causa di riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza e parametro della scala di equivalenza per il calcolo della prestazione economica. Si è infatti chiarito, argomentando ex art.3, comma 13 (“Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiario abbia tra i suoi componenti soggetti che si trovano in stato detentivo […] il parametro della scala di equivalenza di cui al comma 1, lettera a), non tiene conto di tali soggetti. […]”) che beneficiario ex lege del reddito di cittadinanza non è il richiedente ma il nucleo familiare, sulla cui composizione si calcola il valore economico della prestazione, valore economico che risulta ridotto nel caso di sopravvenienza dello stato di detenzione del familiare.

Orbene, poiché ex art 2 D.L. 4/19 i requisiti per l’ottenimento del beneficio economico devono sussistere, cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, l’articolo 7 contempla due diversi reati, uno per la fase genetica, l’altro per la fase successiva al riconoscimento del beneficio economico (“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni. 2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonchè di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, comma 8, ultimo periodo, commi 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni".): si tratta di reati di condotta e di pericolo, il primo a dolo specifico, il secondo a dolo generico, diretti a tutelare l’amministrazione contro mendaci e omissioni circa l’effettiva situazione patrimoniale, reddituale e familiare da parte dei soggetti che intendono accedere o già hanno acceduto al reddito di cittadinanza.

La condotta rilevante ai sensi del Decreto Legge n. 4 del 2019, ex articolo 7, comma 2, in relazione allo stato detentivo sopravvenuto di un componente il nucleo familiare consiste nell’omessa comunicazione di un’informazione dovuta - tenuto conto di quanto stabilito dall’articolo 2, come prima indicato, in relazione all’articolo 3, comma 13 - e rilevante ai fini della riduzione del beneficio: la tipicità della fattispecie si delinea dunque attraverso il riferimento dell’articolo 7, comma 2, alle cause di riduzione, specificamente previste nell’articolo 3, comma 13, ed all’obbligo di persistenza delle condizioni relative all’an ed al quantum del beneficio previsto dall’articolo 2.

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha ritenuto le due fattispecie di reato correttamente applicate nel caso di specie, avuto riguardo al diverso momento in cui ha assunto rilevanza, rispetto alle due distinte domande presentate dall’imputato, l’omessa comunicazione dello stato detentivo del padre, indicato in entrambe le istanze quale familiare convivente, senza la rappresentazione della condizione di detenuto in carcere del familiare: ciò in quanto si trattava di un’informazione rilevante ai fini del riconoscimento e del computo del beneficio economico richiesto.

Ha colto, altresì, l’occasione per ribadire che la disciplina del reddito di cittadinanza è correlata, nel suo complesso, al generale “principio antielusivo” che si incardina sulla capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 della Costituzione e che la punibilità del reato di condotta si rapporta al dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni da cui riceve un beneficio economico.

Diritto penale e processo, Direttore scientifico: Spangher Giorgio, Ed. IPSOA, Periodico. Mensile di giurisprudenza, legislazione e dottrina - La Rivista segue l'evoluzione del diritto penale sostanziale e processuale.
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