L'affidamento in prova ai servizi sociali può essere eseguito in uno Stato membro UE
Spetta all’UEPE avviare iniziative di contatto nei confronti del condannato presso il domicilio italiano per ottenere informazioni e raccordarsi con le autorità estere (Cassazione penale, sentenza n. 17496/2024 - testo in calce).
Il fatto
Il ricorrente era stato condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza e aveva avanzato richiesta per la sostituzione della pena dell’arresto, comminata, con l’affidamento in prova ai servizi sociali da eseguirsi in Lussemburgo dove lavorava stabilmente.
Si era, tuttavia, visto negare la richiesta di esecuzione all’estero della misura per la mancata collaborazione nella raccolta delle necessarie informazioni socio-familiari, la quale era stata desunta dall’UEPE, prima, e dal Tribunale poi, dal solo radicamento del soggetto all’estero, senza che risultassero iniziative di contatto dell’UEPE nei suoi confronti.
La difesa dell’interessato deduceva dinanzi alla Corte di cassazione la violazione dell’art. 47 Ord. pen. sottolineando che il Tribunale di sorveglianza si era limitato a prendere atto degli esiti cui era pervenuto l’UEPE, senza considera che detto ufficio non aveva attivato una interlocuzione con l’istante e con i suoi difensori e non si era coordinato con le autorità estere, imputando tale omissione alla presunta mancata collaborazione del ricorrente.
La sentenza
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e disposto l’annullamento con rinvio ribadendo preliminarmente che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, è consentita l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale, che debba eseguirsi in uno Stato estero membro dell’Unione Europea dove il condannato abbia residenza legale e abituale, in quanto tale misura comporta la cessazione dello stato detentivo e, come tale, rientra nell’ambito di applicazione della decisione quadro 2008/947/GAI del 23 ottobre 2019 sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare”.
Ha precisato tuttavia la Corte che, ferma la possibilità di svolgimento all’estero, la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale deve rispettare i requisiti previsti a pena di inammissibilità per accedere alla misura alternativa, sanciti dall’ordinamento interno e, tra questi, l’obbligo, per il condannato libero, di eleggere domicilio sul territorio nazionale, ex art. 677, comma 2-bis, c.p.p., nonché di prestare la doverosa collaborazione con gli uffici di esecuzione penale esterna investiti degli accertamenti istruttori.
Nel caso all’esame della Corte, il Tribunale aveva negato l’esecuzione all’estero della misura in ragione del mancato contatto tra l’UEPE e il ricorrente, imputando a quest’ultimo la circostanza che l’UEPE non avesse avviato alcuna iniziativa di contatto nei suoi confronti, neanche in termini di reperibilità.
La conclusione alla quale era pervenuto il Tribunale aveva finito pertanto per porsi in contrasto con l’esigenza, di non minare i rapporti socio-familiari del richiedente, che giustifica, in un’ottica rieducativa, l’esecuzione all’estero delle misure cautelari non detentive: sulla scorta di tali considerazioni la Corte ha pertanto demandato al Tribunale di sorveglianza il compito di richiedere all’UEPE un nuovo ed effettivo approfondimento istruttorio, da condurre avendo riguardo al domicilio specificamente dichiarato in Italia dal ricorrente.
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