Famiglia, minori e successioni

La divisione dell’eredità

La collazione, la divisione testamentaria, quella giudiziale e quella per contratto

La legge prevede le regole attraverso le quali l’eredità viene frazionata tra i diversi eredi; in tal modo ogni singolo erede diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.

Sommario:

  1. La Collazione (donazioni ricevute dal defunto)
  2. La Divisione testamentaria
  3. La Divisione giudiziale
  4. La Divisione per contratto
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1. La Collazione (donazioni ricevute dal defunto)

La collazione è l'atto con cui i figli, i loro discendenti e il coniuge del defunto, conferiscono alla massa ereditaria - intesa come l'insieme dei beni che saranno oggetto di eredità - tutti i beni mobili e immobili ricevuti a titolo di donazione dal defunto quando questi era in vita.

Le donazioni fatte dal defunto quando era in vita possono infatti incidere anche significativamente sia sul complesso dei beni lasciati dal defunto, sia, di conseguenza, sull'entità delle porzioni di beni spettanti a ciascuno degli eredi.

Con la collazione, la legge intende pertanto ripristinare, a favore dei parenti più stretti del defunto, l'uguaglianza di trattamento nella ripartizione del patrimonio ereditario.

I soggetti obbligati alla collazione

La collazione è obbligatoria quando concorrono nell’eredità i soli discendenti del defunto oppure i discendenti insieme con il coniuge del defunto.
Sono considerati discendenti:

  • i figli: ricordiamo che fino a poco tempo fa, le norme del codice civile che disciplinano la successione dei figli del defunto utilizzavano la distinzione fra “figli legittimi”, ossia nati durante il matrimonio, e “figli naturali”, ossia nati fuori dal matrimonio. In materia di filiazione, il Legislatore ha tuttavia progressivamente abolito ogni distinzione fra figli nati in costanza di matrimonio e non. Inizialmente, a seguito dell’emanazione della Legge 10 dicembre 2012 n. 219, il Legislatore ha introdotto il principio della piena uguaglianza fra figli legittimi e figli naturali: ai figli legittimi erano già equiparati (ai sensi dell’art. 567 cod. civ.) i figli adottati e i figli legittimati, ossia nati fuori dal matrimonio da due persone unitesi poi in matrimonio. La Legge 219/2012 aveva quindi abrogato lo strumento della legittimazione dei figli naturali. Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 154/2013 in materia di filiazione, sono state apportate numerose modifiche al codice civile ed è venuto definitivamente meno ogni genere di distinzione tra figlio legittimo, legittimato o naturale, per cui ora la legge parla semplicemente di “figlio” tout court;

  • i figli dei figli,

  • i pronipoti e così via, sempre in linea retta.

Anche il coniuge separato partecipa all’eredità con obbligo di collazione.

Il coerede che ha ricevuto un bene per donazione dal defunto, quando questi era in vita, può evitare la collazione rinunciando all’eredità.

La dispensa dalla collazione

La collazione non ha luogo quando il defunto abbia dispensato dall’obbligo di collazione il soggetto che ha ricevuto la donazione. In tal caso, la successione e la divisione si svolgono come se il bene oggetto di donazione dispensata non vi fosse mai stato.

La dispensa dalla collazione può essere fatta espressamente nell’atto di donazione, e in tal caso è irrevocabile, o nel testamento.

La dispensa può anche essere tacita, quando può desumersi con certezza dalle varie clausole dell’atto di donazione o del testamento.

Può inoltre essere totale, per tutto il valore del bene, o parziale.

La dispensa è valida ed efficace solo nei limiti della quota disponibile.

Oggetto della collazione

Oggetto della collazione sono tutte le donazioni, sia dirette, sia indirette (come ad esempio la rinuncia del defunto a un debito verso un coerede).

Non si devono conferire le donazioni ricevute come compenso per i servizi resi, le spese di mantenimento, educazione, istruzione, quelle ordinarie per l’abbigliamento, i regali di nozze, quelle sostenute per malattia e le donazioni di modico valore fatte al coniuge.

Sono invece soggette a collazione le spese fatte per assegnazioni ai figli a causa di matrimonio, per avviare i figli all’esercizio di un’attività produttiva, i premi pagati dell’assicurazione sulla vita stipulata a favore dei figli e le spese fatte per il pagamento dei loro debiti.

La Corte di Cassazione (Sezione II Civile, Ordinanza 4 luglio 2023 n. 18823) ha chiarito che l'istituto della collazione, il quale, in presenza di donazioni (dirette e indirette) fatte in vita dal de cuius e salva apposita dispensa di quest'ultimo, impone il conferimento del bene che ne è oggetto in natura o per imputazione, presenta la finalità di garantire l'equilibrio e la parità di trattamento tra i diversi condividenti nella formazione della massa ereditaria, in modo da non alterare il rapporto di valore tra le varie quote determinate tramite la sommatoria del relictum e del donatum al momento dell'apertura della successione, sicché il relativo obbligo sorge in modo automatico in seguito alla stessa, senza necessità di proporre esplicita domanda da parte del condividente, essendo a detta finalità sufficiente che sia richiesta la divisione del patrimonio relitto e che sia menzionata, in esso, l'esistenza di determinati beni quali oggetto di pregressa donazione.

Ma, in ipotesi di donazione indiretta, è pregiudiziale all'obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell'esistenza della medesima.

Effetti della collazione

Dalla collazione dei beni ricevuti per donazione risulta un aumento della massa ereditaria, alla quale si deve fare riferimento per stabilire le quote che spettano a ciascun erede, come se le donazioni fatte in vita dal defunto costituissero un anticipo sulla successione.

Tale aumento, però, va fatto soltanto in riferimento ai coeredi che siano i discendenti (figli e nipoti e pronipoti) o il coniuge del defunto perché le porzioni spettanti a tutti gli altri coeredi vanno calcolate senza tener conto della collazione. 

Come si fa la collazione

La collazione di beni immobili si fa, a scelta del coerede che ha ricevuto la donazione:

  • o in natura, restituendo il bene ricevuto per donazione - che cesserà pertanto di essere in sua esclusiva proprietà e diventerà oggetto di comunione - (cd. conferimento in natura)

  • oppure per equivalente, ossia conferendo una somma di denaro corrispondente al valore del bene al momento dell’apertura della successione (cd. conferimento per imputazione).

La collazione dei beni mobili viene fatta solo per imputazione, calcolando il valore che il bene ha all’apertura della successione.

In entrambi i casi si ha riguardo al valore di mercato che ha il bene al momento dell’apertura della successione e non al valore (solitamente maggiore) che il bene aveva al momento della donazione.

La collazione di denaro viene fatta assegnando agli altri discendenti e al coniuge una somma di denaro uguale a quella ricevuta dal beneficiario della donazione.

In altre parole, il coerede che ha ricevuto la donazione dovrà ricevere dall’eredità una quantità di denaro minore di quella che spetta agli altri eredi: la differenza è pari a quanto ricevuto per donazione.

Il conferimento di denaro va fatto in base al principio nominalistico: questo significa che se, ad esempio, fu donata la somma di 5.000 euro, deve essere conferita una somma di pari importo.

La mediazione obbligatoria nelle cause successorie dal 20 settembre 2013

A partire dal 20 settembre 2013, prima di avviare una causa relativa ad una successione ereditaria è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato.

Se la mediazione non viene esperita e la causa viene avviata ugualmente, entro la prima udienza il Giudice può rilevare la “non procedibilità” della causa giudiziale.

La “non procedibilità” può essere fatta valere anche dalla controparte (ossia dal c.d. “convenuto”), sia pure entro un preciso termine di decadenza.

Competenza giudiziaria

In ordine alla competenza per territorio del giudice del luogo dell’apertura della successione, rientrano tra le cause di divisione di eredità o comunque fra coeredi fino alla divisione, ai sensi dell’articolo 22, n. 1), codice procedura civile, sia le domande di scioglimento dell’intera comunione ereditaria, sia le domande volte alla divisione di una parte di essa, ovvero di determinati beni non di meno compresi per intero nell’eredità, giacché in ogni caso attinenti all’universalità dei rapporti giuridici che fanno capo al “de cuius” (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Ordinanza 23 giugno 2023, n. 18021).

Nel fare testamento, il testatore è libero sia di dettare le regole che dovranno essere seguite nella divisione dei beni ereditari tra coeredi, sia di indicare direttamente i beni che dovranno essere attribuiti alla quota di determinati eredi. Il testatore può anche nominare un terzo affinché questi si occupi di scegliere i beni di ciascuna quota.

Successioni e donazioni, A cura di: Iaccarino Giancarlo, Ed. UTET, 2023. Il trattato è un punto di riferimento per i professionisti alla continua ricerca di soluzioni relative a problematiche derivanti dal c.d. diritto vivente, per gli studiosi intenti all’approfondimento teorico dei singoli istituti, nonché un valido strumento per la preparazione al concorso notarile.
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2. La Divisione testamentaria

Quando una persona fa testamento, può nominare più eredi e, con lo stesso o con un altro testamento, può stabilire:

  1. particolari regole per l’assegnazione dei beni che spettano a ciascun coerede (cd. assegno divisionale semplice), oppure

  2. che la divisione dei propri beni tra i coeredi venga effettuata secondo la stima di un terzo da lei stessa indicato (cd. arbitratore), o ancora

  3. può attribuire direttamente i beni che compongono il suo patrimonio ai singoli eredi (cd. assegni divisionali qualificati).

In tutti e tre i casi, le indicazioni date dal defunto sono vincolanti per gli eredi.
Vediamo ciascun caso in dettaglio. 

Assegni divisionali semplici

Con gli assegni divisionali detti “semplici” il testatore detta le regole secondo le quali andrà fatta la divisione dei beni ereditari tra gli eredi o secondo le quali si attribuiranno i beni alla quota di ciascun singolo erede.
Gli assegni divisionali “semplici” non evitano l’insorgere della comunione ereditaria, perché vi ricadono tutti i beni ereditari: semplicemente, in sede di formazione delle porzioni spettanti a ciascun erede, le indicazioni del testatore dovranno essere rispettate assegnando, a ciascuna porzione, il bene o i beni indicati in testamento.

Arbitratore

Il testatore può anche disporre che la divisione si effettui secondo la stima di una persona da lui designata, che non sia né erede né legatario, o secondo il progetto redatto da questa persona. Il compito della persona che viene designata non è limitato alla stima dei beni, ma può estendersi alla formazione delle porzioni e del progetto divisionale: il compito del terzo arbitratore non può mai, però, estendersi sino alla determinazione delle quote ereditarie, che spetta solo al testatore.

Assegni divisionali qualificati

Con la divisione del testatore si ha invece una concreta attribuzione dei beni: il testatore divide i beni tra coeredi mediante assegnazioni in modo tale che, alla sua morte, i beni passano direttamente agli eredi designati, senza che si instauri una comunione ereditaria.

La particolarità della divisione fatta dal testatore è proprio questa: a differenza della divisione fatta per contratto o della divisione giudiziale, qui non si presuppone una preesistente comunione ereditaria.

Effetti della divisione ereditaria

Tanto gli assegni divisionali semplici quanto gli assegni divisionali qualificati o la nomina di un arbitratore sono vincolanti per gli eredi che, tuttavia possono, con accordo unanime, fare delle scelte diverse da quelle imposte dal testatore.

Limiti alla libertà del testatore

Nel formare le porzioni, il testatore gode di ampia libertà dal punto di vista qualitativo, potendo scegliere a propria discrezione i beni che andranno a comporre ciascuna quota. Il testatore è invece più limitato dal punto di vista quantitativo: nell’attribuire i beni a ciascuna quota, deve infatti rispettare:

  • il principio secondo il quale il valore dei beni assegnati deve corrispondere al valore della quota
  • i diritti dei legittimari

Infatti è nulla (non produce alcun effetto) la divisione testamentaria nella quale sia stato escluso uno degli eredi legittimari o uno degli eredi nominati con testamento, quando alla nomina non sia seguita l’attribuzione di beni corrispondenti o, nel patrimonio del defunto, non vi siano beni sufficienti a soddisfare la porzione del coerede cui non sono stati assegnati beni.

La mediazione obbligatoria nelle cause successorie dal 20 settembre 2013

A partire dal 20 settembre 2013, prima di avviare una causa relativa ad una successione ereditaria è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato.

Se la mediazione non viene esperita e la causa viene avviata ugualmente, entro la prima udienza il Giudice può rilevare la “non procedibilità” della causa giudiziale.

La “non procedibilità” può essere fatta valere anche dalla controparte (ossia dal c.d. “convenuto”), sia pure entro un preciso termine di decadenza.

Notariato, Direttore scientifico: Laurini Giancarlo, Ed. IPSOA, Periodico, Rassegna bimestrale sistematica di diritto e tecniche contrattuali.
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3. La Divisione giudiziale

Quando più soggetti sono chiamati a succedere in un'eredità e non trovano un accordo per la ripartizione dei beni, né il defunto ha stabilito quali beni devono essere destinati ad ognuno di loro, il Giudice, su domanda di uno qualsiasi dei coeredi, può provvedere alla ripartizione del patrimonio ereditario e quindi allo scioglimento della comunione.

Che cos’è la divisione giudiziale

Se, alla morte di una persona, l’eredità spetta pro quota a più persone e queste l’accettano, si costituisce una comunione ereditaria: i singoli eredi diventano quindi, tra loro, “coeredi”.

La comunione ereditaria ha per oggetto tutti i beni che costituivano il patrimonio del defunto, con esclusione dei beni eventualmente attribuiti da quest’ultimo a uno o più soggetti determinati, detti “legati”.

La comunione ereditaria si scioglie con la divisione dell’eredità: essa consiste nel frazionamento fra i diversi eredi, in proporzione alla quota spettante a ciascuno di essi, di tutti i beni facenti parte della comunione.

In tal modo, ogni singolo erede diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.

La divisione ereditaria può essere fatta in tre modi:

  • dal defunto, mediante il proprio testamento,

  • su accordo unanime dei coeredi,

  • per mezzo di un procedimento giudiziale di divisione.

In quest’ultimo caso, lo scioglimento della comunione avviene per ordine del Giudice, su domanda di uno qualsiasi dei coeredi.

Chi può chiedere la divisione giudiziale e chi deve partecipare al giudizio, previa mediazione obbligatoria

Ciascun coerede, qualsiasi sia la quota che gli spetta, può, in qualsiasi momento, rivolgersi al Tribunale per ottenere lo scioglimento della comunione e la divisione dei beni ereditari.

A partire dal 20 settembre 2013, però, prima di avviare una causa relativa ad una divisione è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato.

Se la mediazione non viene esperita e la causa viene avviata ugualmente, entro la prima udienza il Giudice può rilevare la “non procedibilità” della causa giudiziale.

La “non procedibilità” può essere fatta valere anche dalla controparte (ossia dal c.d. “convenuto”), sia pure entro un preciso termine di decadenza.

Se la mediazione non riesce, la richiesta di divisione giudiziale può essere fatta in qualunque momento, anche a distanza di molti anni dall’apertura della successione, non essendo previsto alcun limite temporale, salvo che il defunto abbia imposto che la divisione non si effettui fino al compimento del diciannovesimo anno d’età del più giovane dei suoi eredi, oppure per un tempo massimo di cinque anni dalla propria morte.

Il giudizio di divisione deve essere promosso nei confronti di tutti i coeredi che non abbiano rinunciato all’eredità e, ove ve ne siano, dei creditori opponenti (ossia i creditori di ciascun erede che abbiano manifestato la loro opposizione).

Devono inoltre necessariamente partecipare al giudizio i creditori che abbiano garanzie sui beni della massa ereditaria (come ad esempio, un’ipoteca iscritta su un immobile che apparteneva al defunto) e coloro che abbiano diritti su un bene immobile ereditario (come, ad esempio, l’inquilino che abbia in corso un contratto di locazione ultranovennale su un bene immobile oggetto di divisione).

Quale è il Tribunale dove deve essere fatto il giudizio di divisione

Dopo aver tentato senza successo la mediazione con l’apposito procedimento, il coerede che voglia promuovere un giudizio di divisione deve rivolgersi al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, che coincide con l’ultimo domicilio del defunto.

Ciò anche se i beni che ricadono nella comunione si trovano in un luogo diverso.

Se ad esempio, il defunto è morto a Roma, ma i beni che ricadono nella comunione sono alcuni immobili che si trovano a Venezia e alcuni beni mobili che si trovano a Napoli, il Tribunale competente è comunque quello di Roma.

Come si svolge il giudizio divisorio

La domanda di divisione si presenta al Tribunale con un atto di citazione che deve necessariamente essere redatto da un avvocato.

Il processo di divisione davanti al Giudice è strutturato in due fasi:

  1. la prima ha per oggetto la verifica del diritto di ciascun coerede a conseguire la propria quota ereditaria;

  2. la seconda è volta alla formazione delle porzioni di beni corrispondenti a ciascuna quota e alla loro attribuzione a ciascun coerede.

La prima fase (a) viene sempre gestita esclusivamente dal Giudice.

La seconda fase (b) consiste nella vera e propria scelta dei beni che andranno a comporre le singole quote e si svolge in tre passaggi successivi:

  1. definizione della massa da dividere;
  2. formazione delle porzioni e
  3. attribuzione di ciascun lotto a ciascun coerede.

Questa seconda fase può essere fatta direttamente dal Giudice (divisione giudiziale), oppure può essere delegata dal Giudice a un notaio (divisione giudiziale notarile).

Divisione giudiziale

In caso di divisione giudiziale, il Giudice redige il progetto di divisione avvalendosi, soprattutto per le operazioni di stima dei beni che compongono la massa, di esperti che egli può liberamente nominare.

Una volta definito il progetto di divisione, il Giudice lo deposita in Cancelleria, in modo che tutti i coeredi che partecipano al giudizio possano prenderne visione.

Il Giudice fissa inoltre un’udienza per la discussione del progetto, cui sono invitati a partecipare tutti i coeredi.

  • Se un coerede non partecipa all’udienza, la mancata partecipazione equivale all’accettazione del progetto divisionale predisposto dal Giudice.

  • Se all’udienza fissata dal Giudice non sorgono contestazioni, il Giudice approva il progetto di divisione dichiarandolo esecutivo e stabilisce le modalità con cui i lotti verranno attribuiti a ciascun coerede.

  • Se sorgono contestazioni sul progetto di divisione (come potrebbe essere, ad esempio, la stima di un bene), viene instaurato un vero e proprio giudizio al termine del quale il Giudice modifica il progetto divisionale e decide sulle contestazioni con un’apposita sentenza.

Dopo che eventuali contestazioni sono state risolte e il progetto divisionale è stato dichiarato esecutivo, le singole porzioni possono essere attribuite a ciascun coerede.

Se i coeredi hanno quote tra loro diverse, le porzioni (che quindi avranno valore tra di loro diverso) vengono assegnate direttamente ai coeredi cui spettano. Se, invece, i coeredi concorrono tutti in misura uguale (ad esempio, tre eredi che concorrono ciascuno per un terzo) e non trovano un accordo sulla ripartizione, l’assegnazione di ciascuna porzione avverrà mediante estrazione a sorte. 

Divisione a domanda congiunta

Occorre soffermarsi sulla divisione “a domanda congiunta”, di cui al nuovo art. 791-bis c.p.c.

Quando non vi sono contestazioni particolari, ci si può rivolgere al Tribunale affinché il Giudice nomini un Notaio o un Avvocato al quale affidare le operazioni di divisione.

In questo caso, la divisione viene detta “a domanda congiunta” perché il ricorso è presentato da tutti gli interessati.

Se infatti manca la firma di uno degli interessati, il ricorso viene dichiarato inammissibile e la procedura si blocca.

Dopo aver sentito le parti, il professionista incaricato predispone il progetto divisionale oppure dispone la vendita dei beni agevolmente divisibili.

Ogni interessato può ricorrere al Giudice entro 30 giorni per opporsi alla vendita dei beni o per contestare il progetto di divisione.

Se invece non ci sono opposizioni, il Giudice dichiara esecutivo il progetto con decreto e dà incarico al professionista incaricato di portare a termine la divisione.

Divisione giudiziale notarile

Nella divisione giudiziale notarile, il Giudice (a prescindere dalla relativa richiesta delle parti, che può anche non esserci) delega una parte o tutte le operazioni divisionali a un Notaio. In questo caso, il Notaio deve redigere un unico verbale per tutte le operazioni compiute e le parti devono essere sempre tutte presenti alle operazioni.

Se, durante le operazioni condotte dal Notaio, sorgono contestazioni, il Notaio non può risolverle: egli deve fare un apposito verbale e trasmetterlo al Giudice, il quale deciderà dopo aver sentito i coeredi.

Dopo che il Notaio ha redatto il progetto divisionale, lo sottopone all’esame dei coeredi.

Se i coeredi lo accettano all’unanimità, anche effettuando d’accordo tra loro qualche modifica a quello presentato dal notaio, possono verificarsi due ipotesi:

  1. se gli eredi concorrono in misura diversa (ad esempio, ipotizziamo che vi siano due coeredi, al primo dei quali spettino i 2/3 della massa ereditaria e al secondo 1/3), il Notaio attribuisce direttamente le diverse porzioni ai coeredi cui spettano, in relazione alle loro rispettive quote e la procedura innanzi al Notaio si chiude;
  2. se invece le quote dei coeredi sono tra loro uguali (ad esempio, ipotizziamo che vi siano due coeredi, ciascuno avente diritto a 1/2 della massa), occorrerà procedere all’attribuzione mediante sorteggio. In questo caso, il Notaio trasmette al Giudice il progetto divisionale accettato dai coeredi.

La fase del sorteggio

Sia in caso di divisione giudiziale che in caso di divisione notarile giudiziale, l’estrazione a sorte di quote tra loro uguali deve essere disposta dal Giudice con un’apposita ordinanza o con sentenza. Il sorteggio avviene in presenza di tutte le parti o dei loro avvocati e può essere delegato a un Notaio.

4. Divisione per contratto

La divisione consiste nel frazionamento fra i diversi eredi, in proporzione alla quota spettante a ciascuno di essi, di tutti i beni facenti parte dell'eredità. In tal modo, ogni singolo erede diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.

Se i coeredi trovano un'intesa su come dividere i beni ereditari, si forma un accordo che prende il nome di contratto divisionale.

Che cos’è la divisione per contratto

Se, alla morte di una persona, l’eredità spetta pro quota a più persone e queste l’accettano, si costituisce una cd. comunione ereditaria: i singoli eredi diventano quindi, tra loro, “coeredi”.

La comunione ereditaria ha per oggetto tutti i beni che costituivano il patrimonio del defunto, con esclusione dei beni eventualmente attribuiti da quest’ultimo a uno o più soggetti determinati, detti “legati”.

La comunione ereditaria si scioglie con la divisione dell’eredità: essa consiste nel frazionamento fra i diversi eredi, in proporzione alla quota spettante a ciascuno di essi, di tutti i beni facenti parte della comunione. In tal modo, ogni singolo erede diventa unico proprietario esclusivo dei beni che gli vengono assegnati.

La divisione ereditaria può essere fatta in tre modi:

  • dal defunto, mediante il proprio testamento;

  • per mezzo di un procedimento giudiziale di divisione;

  • su accordo unanime dei coeredi.

In quest’ultimo caso, i coeredi decidono di sciogliere la comunione per mezzo di un contratto che viene detto “contratto divisionale”.

Chi può chiedere lo scioglimento della comunione

Ogni coerede ha facoltà chiedere lo scioglimento della comunione.

La comunione può essere sciolta in qualunque momento, salvo che il defunto abbia imposto dei limiti temporali, stabilendo o che la divisione non si effettui fino al compimento del diciannovesimo anno d’età del più giovane dei suoi eredi, oppure per un tempo massimo di cinque anni dalla propria morte.

Il Tribunale, su istanza di ciascun coerede, può autorizzare una riduzione del termine imposto dal defunto (nel testamento) se, nel tempo necessario perché il termine scada, vi è il rischio concreto che il valore del patrimonio ereditario possa diminuire.

Per la stipula di un valido contratto di divisione è necessaria la partecipazione di tutti i coeredi, che devono essere d’accordo all’unanimità sulla ripartizione dei beni ereditari.

I soggetti incapaci  che partecipano alla divisione devono essere rappresentati o assistiti e, in tal caso, la divisione deve essere autorizzata dal giudice.

Nel contratto divisionale hanno facoltà di partecipare, ma solo con poteri di vigilanza, i creditori e coloro che hanno acquistato un diritto da un coerede e, se ritengono che le operazioni non si siano svolte correttamente, possono proporre opposizione al progetto divisionale.

Su accordo di tutti i coeredi, le operazioni divisionali possono essere delegate a un notaio  la cui nomina, in mancanza di accordo, è fatta dal tribunale su istanza di ciascun coerede.

La formazione delle porzioni

La formazione delle porzioni spettanti a ciascun coerede avviene in varie fasi.

  • La prima fase consiste nella riunione di tutti i beni ereditari (formazione della “massa ereditaria”). Nel caso in cui concorrano nell’eredità i discendenti e il coniuge, la massa ereditaria deve comprendere anche tutti i beni che costoro hanno ricevuto per donazione dal defunto, quando quest’ultimo era in vita.
    La formazione della massa ereditaria è naturalmente una riunione solo teorica (“fittizia”) e, in concreto, consiste nel fare l’inventario di tutti i beni che compongono il patrimonio del defunto, con la stima di ciascuno. Si identificano quindi i beni che compongono la massa ereditaria e il loro valore.
  • Nella seconda fase, si procede alla vera e propria formazione di tante porzioni quanti sono i coeredi. Ogni coerede ha diritto di vedersi assegnata in natura o per conguaglio la sua parte di beni comuni, sia mobili che immobili. Questo non significa che ogni coerede ha diritto a una porzione di ciascun bene bensì che ognuno ha diritto, per quanto possibile, a una quota di beni mobili, immobili e crediti che rispecchi la massa dei beni in comunione. Eventuali ineguaglianze dovute all’impossibilità materiale di frazionare i beni, mobili o immobili, vanno compensate con conguagli in denaro.
    Una volta stabiliti i beni che compongono ciascuna porzione secondo un progetto detto “progetto divisionale”, i coeredi lo devono approvare all’unanimità.
  • Dopodiché si procede all’assegnazione delle singole porzioni di beni a ciascun coerede: l’attribuzione può avvenire mediante attribuzione diretta, per scelta o per estrazione a sorte.

La forma del contratto divisionale

Se l’eredità è composta soltanto da beni mobili e/o da crediti, la forma del contratto è libera anche se, per evitare contestazioni, è preferibile farlo per atto scritto e far autenticare le firme di tutti i coeredi da un notaio.

Se tra i beni da dividere ci sono dei beni immobili, la divisione va fatta per atto scritto, sia esso un atto pubblico redatto da un notaio o una scrittura privata con sottoscrizione autenticata da notaio.

Sempre nel caso in cui la divisione abbia per oggetto beni immobili devono essere trascritti presso la competente Conservatoria sia gli atti di attribuzione di ciascuna quota che, eventualmente, i verbali di estrazione a sorte.

Tali formalità vengono eseguite dal Notaio innanzi al quale l’atto viene stipulato.

Le cause di invalidità della divisione

La divisione è destinata a venir meno se uno dei coeredi non vi ha preso parte oppure se, in un momento successivo, si scopre l’esistenza di un titolo di attribuzione dei beni diverso (come, ad esempio, nel caso in cui la divisione sia stata fatta in base a un testamento che viene poi revocato per la scoperta di un testamento posteriore).

Il contratto divisionale è inoltre annullabile nel caso in cui sia l’effetto di violenza – intesa come minaccia di un male ingiusto e notevole – o di dolo – inteso come inganno, purché il coerede che ha subito la violenza o il dolo agisca in tribunale entro cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o il dolo è stato scoperto.

Ogni coerede può inoltre rivolgersi al Tribunale con un’azione che prende il nome di rescissione quando il valore dei beni che gli sono stati attribuiti è inferiore di oltre un quarto alla quota che gli sarebbe spettata.

La rescissione può essere fatta valere entro due anni dalla divisione e, se accolta, determina l’annullamento della divisione e il ripristino della comunione tra coeredi.

La mediazione obbligatoria nelle cause di divisione a partire dal 20 settembre 2013

A partire dal 20 settembre 2013, prima di avviare una causa relativa ad una divisione è necessario dar corso a un procedimento di mediazione innanzi a un organismo riconosciuto dal Ministero della Giustizia, con l’assistenza di un avvocato.

Se la mediazione non viene esperita e la causa viene avviata ugualmente, entro la prima udienza il Giudice può rilevare la “non procedibilità” della causa giudiziale.

La “non procedibilità” può essere fatta valere anche dalla controparte (ossia dal c.d. “convenuto”), sia pure entro un preciso termine di decadenza.

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Risparmi 30% € 40,00
€ 28,00
Commentario breve al Diritto della famiglia
Risparmi 30% € 180,00
€ 126,00
Unioni civili e contratti di convivenza
Risparmi 30% € 30,00
€ 21,00
La famiglia in crisi
Risparmi 30% € 55,00
€ 38,50
Famiglia e Patrimonio
Risparmi 30% € 100,00
€ 70,00
Le relazioni affettive non matrimoniali
Risparmi 30% € 69,00
€ 48,30
La separazione nella famiglia di fatto
Risparmi 30% € 42,00
€ 29,40
L'addebito di responsabilità nella separazione
Risparmi 30% € 39,00
€ 27,30
La separazione personale dei coniugi ed il divorzio
Risparmi 30% € 85,00
€ 59,50
I diritti dei conviventi
Risparmi 30% € 45,00
€ 31,50