Amministrativo

Proprietà: vincoli e limitazioni

Tipologia, natura e indennizzo

La proprietà privata può subire limitazioni anche a seguito dell'imposizione di determinati vincoli fissati dall'autorità pubblica. Questi vincoli possono avere natura conformativa o espropriativa: i primi riguardano una generalità di beni (es. vincoli paesaggistici, artistici ecc.) e non danno diritto a nessun indennizzo, mentre i secondi sono finalizzati ad una successiva espropriazione e possono dare il diritto a ricevere un indennizzo. I vincoli, inoltre, possono avere natura temporanea, cioè essere limitati nel tempo o avere natura illimitata.

 

Sommario

Cosa sono i vincoli conformativi

I cosiddetti vincoli conformativi sono quei vincoli alla proprietà privata che incidono su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto con un’opera pubblica. Ad esempio, il vincolo di inedificabilità relativo alla fascia di rispetto stradale non ha natura espropriativa, ma unicamente conformativa, in quanto riguarda una generalità di beni e di soggetti, ed ha una funzione di salvaguardia della circolazione, indipendentemente dalla eventuale instaurazione di procedure espropriative.

Si tratta in sostanza di vincoli che riguardano i modi di godimento e utilizzazione del bene. In questi casi la proprietà del bene è ancora del privato quindi questo genere di vincoli non prevedono il pagamento di alcun genere di indennità.

Rientrano tra i vincoli confermativi:

  • vincoli ricognitivi, cioè quelli che nascono dal riconoscimento di un valore o di un rischio attraverso un’azione di verifica. Sono vincoli riconosciuti a norma di legge e, per questo, non riconoscono l’indennizzo e hanno validità illimitata (ad es. legati alla tutela delle aree sottoposte a vincolo per scopi idrogeologici, alla tutela delle cose, immobili e mobili, d'interesse artistico, storico, archeologico ed etnografico, alla protezione delle bellezze naturali o alla tutela delle aree di particolare interesse ambientale);
  • vincoli urbanistici non finalizzati alla espropriazione, come ad esempio i vincoli che importano una destinazione di contenuto specifico realizzabile ad iniziativa privata o promiscua (pubblico-privato) che non comportino, quindi, necessariamente espropriazioni o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica. Pensiamo ad un’area che il piano regolatore destina alla realizzazione di un parco gioco per i bambini: non sussiste un vincolo preordinato alla espropriazione perché tale destinazione è suscettibile di utilizzazione anche economica da parte del privato. Questi vincoli sono compatibili con il diritto fondamentale della proprietà privata (lo ha stabilito più volta anche la Corte Costituzionale con importanti sentenze) poiché costituiscono espressione della attività pianificatoria della pubblica amministrazione e hanno il solo effetto di imporre alla proprietà l’obbligo di conformarsi alla destinazione impressa al suolo.

Cosa sono i vincoli espropriativi

I vincoli espropriativi sono vincoli che incidono su beni determinati, non in base ad una generale destinazione di un’intera zona, ma della localizzazione di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata. Si tratta quindi di vincoli preordinati alla successiva espropriazione.

Possiamo dire che sussiste un vincolo preordinato alla espropriazione le volte in cui la destinazione dell’area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione pubblica quali ad esempio parcheggi pubblici, strade, parchi urbani, ecc.

Principalmente, un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità. Tale vincolo ha un’efficacia di cinque anni ed entro tale termine deve necessariamente essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Naturalmente il proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio deve essere informato di questo e, infatti, la legge prevede che al proprietario debba essere data comunicazione dell’avvio del procedimento almeno venti giorni prima della delibera del consiglio comunale (nel caso di adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica) o prima di altro atto che comporti la variante al piano urbanistico (esempio mediante conferenza di servizi, accordo di programma, intesa o altri atti di natura territoriale). 

Cosa sono i vincoli ambientali

I vincoli ambientali sono i vincoli che vengono imposti alla libera iniziativa privata per motivi di tutela ambientale. Si distinguono in:

  • vincoli idrogeologici, finalizzati ad assicurare un buon regime delle acque e specialmente a preservare la stabilità del territorio, di fronte ai pericoli di inondazioni, frane, smottamenti e altri eventi dannosi;
  • vincoli forestali diretti alla protezione dei boschi, che consistono sia in limitazioni finalizzate alla difesa di terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento di inerti e da ulteriori simili accidenti, sia alla conservazione del patrimonio boschivo in quanto tale, cioè in quanto bene insostituibile per la salubrità dell’ambiente, la qualità della vita e il mantenimento della biodiversità;
  • vincoli per la tutela delle acque finalizzati alla loro tutela dagli agenti inquinanti, integrata con la tutela quantitativa delle risorse idriche, e ovviamente la loro disciplina dedica una peculiare attenzione alle acque destinate al consumo umano;
  • vincoli naturalistici rivolti alla tutela di valori naturalistici, ecologici, geologici, biologici ed estetici ma anche, in diverse ipotesi (si pensi essenzialmente ai parchi), antropologici e storico-culturali, all’interno di porzioni di territorio, variamente estese e delimitate, nelle quali detti valori sono particolarmente diffusi e rilevanti;
  • vincoli paesaggistici, diretti alla conservazione di valori naturali, estetici e storico-culturali di particolare rilevanza all’interno di aree omogenee nelle quali questi valori hanno un percepibile significato identitario del territorio;
  • vincoli indiretti o di completamento per la tutela dei beni culturali che mirano a completare la tutela dei beni culturali immobili garantendo loro una protezione indiretta, mediante limitazioni costituite non sugli stessi immobili oggetto di tutela, bensì sulle aree e sugli immobili prossimi a questi. Tali limitazioni sono rivolte a impedire non soltanto che sia messa in pericolo l’integrità dei beni tutelati, ma pure che ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.

Le diverse categorie di vincoli

I vincoli alla proprietà privata, imposti dalla pubblica autorità, possono essere ripartiti in diverse categorie a seconda della fonte normativa che li prevede, della loro durata e della possibilità o meno di edificare. 
In relazione alla fonte si hanno:

  • vincoli urbanistici, cioè i vincoli costituiti ed introdotti dagli strumenti urbanistici (ed esempio le aree da destinare ad opere pubbliche);
  • vincoli speciali, cioè i vincoli per i quali lo strumento urbanistico opera una attività di ricognizione senza produrre effetti costitutivi, in quanto trovano fondamento in testi normativi diversi da quelli che disciplinano l’attività urbanistica (quali ad esempio i vincoli ambientali; v. paragrafo Cosa sono i vincoli ambientali). 

In relazione alla durata si hanno:

  • vincoli temporanei, cioè quelli che preludono all’espropriazione (v. paragrafo Cosa sono i vincoli espropriativi) o altri vincoli che, seppur non preordinati all’esproprio, hanno efficacia limitata alla durata dello strumento urbanistico che li prevede;
  • vincoli illimitati, cioè quei vincoli di durata indeterminata non compresi nella precedente categoria e che hanno un tipologia non omogenea, potendo essere costituiti da leggi urbanistiche (come l’obbligo di rispetto delle distanze dalle strade), così come quelli derivanti dalla natura dei luoghi (vincoli paesistici ed architettonici) o dalla vicinanza con opere pubbliche o con beni pubblici (aree di rispetto cimiteriale, boschivo, marittimo ecc.). 

In relazione alla possibilità di edificare si hanno:

  • vincoli di tutela, cioè i vincoli che non determinano la totale inedificabilità dell’area, ma incidono nel prevedere una specifica funzione di valutazione della compatibilità dell’intervento progettato con le caratteristiche dell’area oggetto di tutela (es. i vincoli monumentali ed artistici, i vincoli paesistici ecc.);
  • vincoli di inedificabilità cioè quelli che comportano un divieto non rimovibile di edificare (possono essere previsti nei piani paesistici, per talune parti del territorio).

Quando spetta l’indennizzo al proprietario

Un altro tema fondamentale quando si parla di vincoli alla proprietà privata, è capire in quali casi il proprietario ha diritto di ricevere un indennizzo.

Non sono previsti indennizzi nei casi di vincoli conformativi (v. paragrafo Cosa sono i vincoli conformativi). Nei casi di vincoli espropriativi (v. paragrafo Cosa sono i vincoli espropriativi), invece, il proprietario non ha diritto a ricevere un indennizzo quando viene posto sul bene un vincolo preordinato all’espropriazione; questo perché il proprietario sarà ristorato della perdita quando la subirà definitivamente (a seguito cioè del decreto di esproprio).

La situazione cambia quando il vincolo preordinato all’esproprio non si tramuta in dichiarazione di pubblica utilità. Inizialmente, anche in questi casi il proprietario non aveva diritto a nessun indennizzo ma, grazie all’importante pronuncia della Corte Costituzionale del 1968, la pubblica amministrazione è ora tenuta ad indennizzare il proprietario se impone questi vincoli senza la definizione di un tempo limitato. La decisione è corretta poiché, altrimenti, il proprietario poteva vedere totalmente compromesso il suo diritto di proprietà senza certezza dei termini, venendo così a costituirsi quella situazione di fatto che era nota come “espropriazione anomala”. Successivamente, la legge si è conformata a questa importante pronuncia, stabilendo che la durata massima dei vincoli preordinati all’esproprio è di cinque anni e che il vincolo decade se non si provvede ad effettuare la dichiarazione di pubblica utilità.

Per analogia, il proprietario deve essere indennizzato se l’autorità pubblica rinnova, alla scadenza dei cinque anni, il vincolo preordinato all’esproprio.

La stessa Corte Costituzionale ha puntualizzato che dei vincoli espropriativi fanno parte altresì quelle limitazioni del diritto di proprietà, che, seppur non preordinate all’espropriazione e non incidendo quindi sulla titolarità del bene, vengono ad incidere profondamente, a titolo particolare, sul contenuto del diritto di proprietà, così da privarlo di quelle che sono le sue prerogative minime essenziali in un determinato momento storico.

Vincoli temporanei su aziende

Il codice civile stabilisce che l’autorità amministrativa, nei limiti e con le forme stabiliti da leggi speciali, può sottoporre a particolari vincoli od obblighi di carattere temporaneo le aziende commerciali e quelle agricole.

Questi vincoli temporanei hanno carattere eccezionale e sono adottati per gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili e nei casi in cui vi siano leggi speciali che la prevedono.

Usi civici

L'uso civico è un diritto che spetta ai membri di una collettività delimitata territorialmente di godere di terreni o beni immobili appartenenti alla collettività stessa, in modo indiviso, ovvero a terzi privati.

Il diritto in questione trova esplicazione per il tramite dell'esercizio di usi finalizzati a soddisfare i bisogni essenziali della collettività. I diritti di godimento più diffusi afferiscono all'esercizio del pascolo, del legnatico e dello stramatico (cioè il diritto di raccogliere erba secca e foglie per la lettiera degli animali).

I beni di uso civico sono inalienabili, inusucapibili e soggetti al vincolo di destinazione agro-silvo-pastorale, mentre il diritto di esercizio degli usi civici è imprescrittibile.

La posizione della Consulta sugli usi civici

Va evidenziato che la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza 15 giugno 2023, n. 119, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 42, comma II, Cost., l'art. 3, comma 3, della Legge n. 168/2017, nella parte in cui, riferendosi ai beni indicati dall'art. 3, comma I, non esclude dal regime dell’inalienabilità le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati.

La disposizione censurata dal Tribunale di Viterbo, sez. civile, in funzione di giudice dell'esecuzione immobiliare, nello stabilire l'inalienabilità delle terre private gravate da usi civici non ancora liquidati, si colloca nel quadro della precedente disciplina (implicitamente richiamata, così conservando la bipartizione fra iura in re aliena e iura in re propria) che ha inteso fortemente valorizzare la proprietà collettiva e gli usi civici, poiché strettamente correlati con la salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. In particolare, il rinvio che l'art. 3, comma III, operata all'intero comma I dello stesso articolo, non consente di escludere l'inalienabilità della proprietà privata gravata da usi civici non ancora liquidati, poiché, nella fattispecie degli usi civici in re aliena, lo stesso bene è oggetto sia del diritto di proprietà, sia del diritto collettivo di uso civico.

Al contempo, i diritti di uso civico, per la loro medesima natura e per il loro contenuto, assegnano ai membri della collettività facoltà di godimento promiscuo, non suscettibili di divisioni, che spettano ai singoli uti cives in ragione della loro appartenenza alla comunità, il che rende detti diritti incompatibili con una cessione ovvero con un acquisto a titolo di usucapione. Disciplina siffatta, preordinata a definire il modo di essere della proprietà terriera nella sua relazione con interessi generali, risulta tuttavia affetta da illogicità e intrinseca irragionevolezza, oltre che da sproporzione, rispetto all'obiettivo prefissato, poiché, nella fase antecedente alla liquidazione degli usi civici, le ragioni di salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio, attratte nella funzione sociale, si realizzano semplicemente preservando la piena tutela degli usi civici, istanza che non risulta minimamente intaccata dalla circolazione della proprietà privata gravata da quelli non ancora liquidati.

La Consulta ha quindi ribadito che la proprietà privata circola unitamente agli usi civici e al vincolo paesaggistico, incorporando in tal modo la destinazione paesistico-ambientale, con la conseguenza che chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo degli usi civici. Né è dato temere che il diritto di uso civico non sia più opponibile per effetto di una eventuale vendita disposta in via giudiziale in seno a una procedura esecutiva.

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