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Responsabilità degli amministratori verso la società

La guida completa: il fondamento, gli amministratori responsabili, le cause di esclusione, i fatti dannosi, l'azione sociale di responsabilità

amministratori societaOltre alla responsabilità verso la società, fondata sul rapporto che ad essa li lega (artt. 2392, 2393 e 2393-bis c.c.), gli amministratori rispondono verso i creditori della società per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale (art. 2394 c.c.), verso ciascun socio o anche terzo direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori (art. 2395 c.c.).

In ogni caso, la responsabilità sorge dalla violazione delle norme di legge o previste dall’atto costitutivo che regolano l’attività degli amministratori.

inpratica societaDi seguito, la guida riepilogativa sul “Responsabilità degli amministratori verso la società” tratta (e rielaborata per Altalex) da Società la soluzione Wolters Kluwer della Collana IPSOA In Pratica imprescindibile per ogni professionista che ha a che fare con i temi del diritto societario. E grazie alla formula “Sempre aggiornati” comprende tutte le integrazioni normative.

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Sommario

1. Fonte della responsabilità

2. Amministratori responsabili

3. Esclusione della responsabilità

4. Fatti dannosi

5. Azione sociale di responsabilità

1. Fonte della responsabilità

L’attribuzione della gestione sociale agli amministratori ha come contrappeso la loro responsabilità per il danno conseguente ad un loro eventuale inadempimento ai propri doveri funzionali, legali o statutari. Si tratta di responsabilità di natura contrattuale, derivante dal rapporto che lega gli amministratori alla società (Cass. 11/11/2010, n. 22911)

A differenza del passato regime, la legge non richiama più la generica diligenza del mandatario (e cioè quella del regolato e coscienzioso amministratore che il codice definisce come la diligenza dell’uomo medio, art. 1710 c.c.), ma dispone che gli amministratori adempiano i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico (a seconda che l’amministratore abbia ricevuto particolari incarichi, sia amministratore delegato, ecc.) e dalle specifiche competenze (in rapporto all’attività esercitata dalla società).

La responsabilità per danno esiste anche se l’amministratore agisce:

  • in conformità alle deliberazioni del consiglio di amministrazione;

  • in esecuzione di espresso mandato assembleare.

Vigente il regime ante riforma era espressamente prevista la responsabilità degli amministratori che non vigilavano sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non avevano fatto quanto potevano per impedirne il compimento o attenuarne le conseguenze dannose. La riforma del 2003 ha invece eliminato il riferimento all’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione e lo ha sostituito con una responsabilità solidale degli amministratori, per fatto proprio e per fatti altrui, allorché, venuti conoscenza di fatti pregiudizievoli, “non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose

La ratio della novella è chiaramente diretta ad affermare la responsabilità degli amministratori deleganti, nel caso di attribuzioni delegate, per non aver fatto nulla per impedire il compimento di atti dannosi o per eliminarne o attenuarne gli effetti.

In concreto la vigilanza si attua con il controllo costante sulla gestione mediante assunzione di informazioni sull’operato dei delegati e la verifica della corrispondenza della situazione reale a quella risultante dalle scritture contabili, la partecipazione assidua ai consigli di amministrazione: l’amministratore assente (anche se giustificato) è sempre obbligato ad informarsi sul contenuto delle delibere e deve attivarsi per impedire il verificarsi di conseguenze pregiudizievoli per la società.

Onere della prova

Nell’ambito del giudizio di responsabilità ex art. 2392 c.c., in conformità ai principi generali delle obbligazioni in tema di onere probatorio, dalla affermata natura contrattuale della responsabilità discende che spetta alla società attrice fornire la prova dell’inadempimento di un obbligo generico o specifico previsto dalla legge o dall’atto costitutivo (ora dallo statuto), la prova del danno economico subito e quella del nesso causale tra l’inadempimento ed il danno; mentre l’amministratore, può fornire la prova, a sua discolpa, di fatti idonei ad escludere o attenuare la sua responsabilità (Cass. 22/10/1998, n. 10488).

Nel caso in cui si invochi la responsabilità degli amministratori per violazione di obblighi a contenuto specifico, la società attrice deve provare solo l’inadempimento senza necessità di provarne la colpa (infatti la responsabilità deriva dalla legge senza alcun bisogno di ulteriori requisiti oggettivi e soggettivi, Cass. 22/11/1971, n. 3371); spetta, invece, all’amministratore convenuto l’onere della prova dei fatti diretti ad escludere o attenuare la sua responsabilità (art. 1218 c.c.). Infatti, la responsabilità può essere esclusa solo se l’inadempimento sia dipeso da causa che non poteva essere evitata con la diligenza richiesta al debitore (Cass. 23/03/2004, n. 5718). Ne consegue che la prova di una condotta diligente non è sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministratore, ma occorre la prova di cui al citato art. 1218 c.c. secondo cui “l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Nell’ipotesi, invece, in cui si invochi la responsabilità degli amministratori per violazione dell’obbligo a contenuto generico di amministrare con diligenza o di non amministrare in conflitto di interessi, la società attrice deve provare che il comportamento dell’amministratore, con riguardo a circostanze concrete, ha costituito inadempimento degli anzidetti obblighi. Infatti, la responsabilità non è collegata alla violazione di un obbligo specifico, ma alla violazione del generico obbligo di diligenza nella gestione: la diligenza attiene allo stesso contenuto della prestazione dell’amministratore e, pertanto, la gestione diligente esclude direttamente la responsabilità degli amministratori.

2. Amministratori responsabili

L’amministrazione può essere affidata ad un amministratore unico ovvero ad un organo collegiale (consiglio di amministrazione) che, a sua volta, può delegare un comitato esecutivo o amministratori delegati.

Amministratore unico

Di norma, l’amministratore unico assume maggiori rischi di responsabilità a causa della mancanza di collegialità e di deleghe della gestione sociale e, quindi, della sua maggiore discrezionalità nell’esercizio dei poteri di gestione. Senza dubbio si tratta del più elevato grado di responsabilità previsto per gli amministratori di società per azioni (e di capitali).

L’amministratore unico:

  • è il solo direttamente responsabile verso la società (oltre che dei soci, creditori ed altri terzi) senza possibilità di avvalersi della causa di esenzione della responsabilità, ex art. 2392, comma 3, c.c., prevista per la gestione pluripersonale;

  • risponde, tout court, dell’eventuale esercizio di attività concorrente con l’interesse sociale secondo le regole del contratto concluso in conflitto di interessi nella rappresentanza volontaria (art. 1394 c.c.).

Consiglio di amministrazione

In presenza di un organo collegiale la legge prevede la responsabilità solidale di tutti gli amministratori. Vale a dire che ciascuno risponde nei confronti della società per fatto proprio e per fatto altrui, allorché, venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.

Occorre, quindi, distinguere a seconda che la gestione sia o meno delegata ad un comitato esecutivo o ad amministratori delegati.

Nel caso di amministrazione collegiale del consiglio di amministrazione senza deleghe a singoli amministratori o comitati, gli amministratori rispondono solidalmente per tutti gli atti od omissioni commesse, salvo l’esenzione di responsabilità per gli amministratori dissenzienti immuni da colpa. La responsabilità solidale degli amministratori produce gli ordinari effetti previsti dal codice civile e cioè:

    • rafforza il diritto dei creditori ed ha differenti conseguenze a seconda che si tratti degli amministratori o della società beneficiaria (art. 1292 c.c.);

    • la società può agire per i danni anche solo contro alcuni degli amministratori responsabili, salvo l’azione di regresso di questi ultimi contro gli altri amministratori per la parte loro imputabile (art. 2392, comma 1, prima parte, c.c.);

    • la rinunzia alla prescrizione fatta da un solo amministratore non vale per gli altri (art. 1310 c.c.);

    • è escluso il litisconsorzio necessario (cioè non è necessario chiamare in giudizio tutti i debitori per farsi pagare da uno solo l’intero);

    • l’interruzione della prescrizione nei confronti di un solo amministratore vale per tutti (art. 1310 c.c.);

    • la costituzione in mora di uno dei debitori in solido è inefficace riguardo agli altri (art. 1308 c.c.).

Se il consiglio di amministrazione ha delegato parte delle sue attribuzioni ad un comitato esecutivo o ad amministratori delegati, solo questi rispondono per gli illeciti compiuti nell'esercizio dei poteri delegati (art. 2392, comma 1 seconda parte, c.c.). Resta la responsabilità solidale dei soggetti deleganti che hanno l’obbligo di controllare l’operato degli esecuti, nell’ambito del generale dovere di agire informati (art. 2381, comma 6, c.c.) con il correlato potere di chiedere agli organi delegati di fornire in consiglio informazioni sulla gestione della società e del dovere di impedire o eliminare o, quanto meno, attenuare le conseguenze di atti pregiudizievoli (artt. 2381, comma 6 e 2392, comma 2, c.c.).

Gruppi di società

Per l’ipotesi di un gruppo di società, gli amministratori della società controllante o capogruppo possono essere responsabili per i danni cagionati alla società controllata.

È anche possibile una responsabilità in solido tra gli amministratori della società controllata e quelli della società controllante per i danni subiti dalla prima.

Sostituzione di amministratori

Di norma, la responsabilità è connessa alla carica di amministratore ed è conseguente ai fatti di gestione riconducibili al periodo di esercizio.

A tal fine è opportuno distinguere tra amministratori cessati e nuovi amministratori.

Amministratori cessati - Di norma, la cessazione della carica di amministratore comporta la perdita della legittimazione ad esercitare atti di gestione, con conseguente venir meno di ogni responsabilità.

Al riguardo occorre distinguere tra fatti riconducibili al periodo di esercizio della carica ed atti di gestione successivi.

Per i fatti riconducibili al precedente periodo di gestione, permane la responsabilità dell’amministratore cessato sino al decorso dei termini di prescrizione delle azioni.

Per i fatti riconducibili alla nuova gestione, l’amministratore cessato:

  • non è responsabile neppure se posti in essere dai nuovi amministratori non ancora iscritti nel registro delle imprese ovvero se non sia stata ancora iscritta la sua cessazione dalla carica (art. 2385, comma 3, c.c., che pone l’onere di iscrizione a carico del collegio sindacale);

  • se continua ad ingerirsi nei fatti di gestione risponde come amministratore di fatto in concorso con l’amministratore in carica, che risponde per aver permesso una attività pregiudizievole.

Nuovi amministratori - Ogni amministratore deve agire in modo informato. Vale a dire che ciascun amministratore ha l’obbligo di informarsi non solo sui fatti di gestione successivi alla assunzione della carica, ma anche su fatti precedenti che possono influenzare la futura gestione, ovvero che possono arrecare pregiudizio se non è impedito, eliminato o attenuato l’effetto pregiudizievole. Ne consegue che l’amministratore subentrante risponde, non già dell’attività dei precedenti amministratori (che hanno posto materialmente in essere le irregolarità e che per questo sono responsabili), ma della propria omissione, a seguito della quale la società risente interamente delle conseguenze dannose di quelle irregolarità.

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3. Esclusione della responsabilità

L’esclusione della responsabilità degli amministratori per l’attività di gestione, cioè l’esonero dall’obbligazione risarcitoria per fatti dannosi subiti dalla società può derivare sia da veri e propri casi di esclusione (cioè da mancanza di colpa), che da rinunzie o transazioni all’azione di responsabilità sociale

Mancanza di colpa

Secondo i principi generali (art. 2392, comma 3, c.c.) l’amministratore è escluso da responsabilità se il danno non è a lui imputabile, cioè se prova che il suo comportamento è esente da colpe (Cass. 09/07/1979, n. 3925) con le seguenti precisazioni:

  • l’amministratore unico (o l’amministratore delegato con pieni poteri) deve provare che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.);

  • il membro del consiglio di amministrazione invece deve provare di essere immune da colpe, cioè di aver fatto quanto poteva per prevenire l’atto pregiudizievole ed eliminarne le conseguenze dannose. Se l’atto dannoso è poi il risultato di una delibera consiliare è altresì necessario far risultare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e deliberazioni dandone immediata notizia scritta al presidente del collegio sindacale.

Mandato assembleare

Vigente il regime ante-riforma, l’amministratore, per cautelarsi ricorreva alla facoltà di sottoporre un determinato atto di gestione al parere dell’assemblea. Anche se la delibera assembleare di autorizzazione poteva, tutt’al più, esimerlo da responsabilità verso la società, ma non certo da responsabilità verso i soci dissenzienti, dei creditori sociali e dei terzi.

La riforma non prevede più la facoltà di sottoporre il compimento di un atto di gestione al parere dell’assemblea, ma attribuisce in esclusiva agli amministratori la competenza e la responsabilità degli atti di gestione.

Atti di esonero della responsabilità

La responsabilità è inderogabile. Vale a dire che lo statuto non può, in via generale, esonerare gli amministratori dalla responsabilità prevista dalla legge né limitarla al solo comportamento doloso. Sono nulle eventuali clausole pattizie di esonero o di limitazione della responsabilità.

Atti societari

La società può rinunziare all’esercizio dell’azione di responsabilità o transigere verso tutti, uno o più amministratori.

L’organo competente a deliberare la rinunzia all’azione o la transazione è inderogabilmente l’assemblea ordinaria dei soci,sono esclusi tutti gli altri organi sociali.

Delibere assembleari di esonero - L’assemblea dei soci può deliberare di rinunziare o transigere sull’azione sociale di responsabilità sia in via preventiva che successiva all’accadimento dei fatti dannosi, anche se queste ultime sono di difficile attuazione pratica.

In tutti i casi il procedimento di esonero è un procedimento complesso, composto da una delibera assembleare autorizzatoria ed un vero e proprio negozio abdicativo che dovrebbe essere sempre successivo alla delibera assembleare.

Riguardo alle delibere assembleari aventi ad oggetto rinunzie e transazioni sono opportune le seguenti precisazioni:

  • non deve esservi il voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura (inferiore o superiore) prevista nello statuto, comunque non superiore ad un terzo. Nelle società aperte (quelle che fanno ricorso al capitale di rischio) l’azione può essere promossa dai soci (o dall’unico socio) che rappresentino almeno un ventesimo del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto (art. 2393, comma 6, c.c.);

  • la rinunzia o la transazione, senza preventiva delibera, non è affetta da mera inefficacia, ma da nullità assoluta ed insanabile deducibile da chiunque vi abbia interesse ed anche d’ufficio (Cass. 07/07/2011, n. 14963; Cass. 24/04/2007, n. 9901; Cass. 01/10/1999, n. 10869; Cass. 22/03/1983, n. 2112);

La delibera assembleare di rinunzia all’azione o di transazione deve essere espressa e specifica, di conseguenza:

  • deve concernere specifici e concreti episodi di amministrazione integranti fatti di mala gestio;

  • tutti i soci devono essere pienamente informati in modo da esprimersi in modo esplicito e specifico sulla questione. Il requisito dell’espressa deliberazione non è soddisfatto dalla mera iscrizione all’ordine del giorno del negozio abdicativo;

  • l’approvazione da parte dell’assemblea di operazioni ed atti dell’organo amministrativo non comporta implicita e valida rinunzia all’azione di responsabilità, in particolare l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea non implica liberazione degli amministratori, direttori generali e sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale (art. 2434 c.c.);

  • per l’ipotesi di rinunzia o transazione solo a favore di alcuni amministratori, per evitare che gli altri amministratori (debitori in solido con i primi) possano approfittarne ex art. 1304 c.c., è necessario che la delibera assembleare specifichi espressamente che l’accordo è limitato alla sola quota degli amministratori beneficiati;

La transazione fatta solo con alcuni amministratori è limitata a questi e riguarda la quota ad essi imputabile e non l’intero debito. Gli amministratori estranei alla transazione non possono approfittarne.

Delibere assembleari di esonero preventive - Anche in questa ipotesi, la delibera assembleare di rinunzia all’azione o di transazione deve essere espressa, circoscritta e specifica, cioè deve contenere le seguenti specificazioni (assai difficili in pratica da realizzare):

  • l’esonero deve riferirsi a specifici e concreti episodi di amministrazione integranti fatti di mala gestio, cioè i presupposti e le modalità operative dell’operazione (Trib. Milano 16/01/1995);

  • dalla delibera deve risultare l’effettiva pericolosità dell’operazione e devono emergere in modo determinato o oggettivamente determinabile le possibili conseguenze dannose;

  • deve espressamente dichiarare di non violare l’art. 1229 c.c. secondo cui è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave e qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

Patti parasociali

Oltre che da una delibera assembleare la rinunzia all’azione sociale di responsabilità o la transazione può essere prevista in patti esterni, tra soci ed amministratori (patti parasociali).

Anche a seguito della riforma del 2003, pur con talune eccezioni, sembra prevalere l’orientamento restrittivo secondo cui sarebbe nullo il patto parasociale che, vincolando i contraenti ad esprimere un voto contrario a qualsiasi proposta assembleare, valga quale rinunzia preventiva all’azione sociale di responsabilità verso l’amministratore. Nella fattispecie il patto di esonero confligge con l’interesse sociale, oltre che della minoranza dei soci, dei creditori sociali e dei terzi con la conseguenza che i soci non possono disporne, vincolandosi negozialmente, ad esercitarlo per un interesse diverso ed in contrasto con quello sociale.

4. Fatti dannosi

In concreto i fatti suscettibili di provocare un danno alla società derivano da violazioni, dolose o colpose, dell’obbligo imposto dallo statuto o dalla legge di osservare la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze.

Violazioni degli obblighi di diligenza e di non compiere o impedire atti dannosi

A differenza del passato regime, dopo la riforma del 2003 la legge:

  • non richiama più la generica diligenza del mandatario, ma pone quale criterio di individuazione la natura dell’incarico e le specifiche competenze degli amministratori (in rapporto all’attività esercitata dalla società);

  • elimina il riferimento all’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione e lo sostituisce con il dovere di agire informati e una responsabilità solidale degli amministratori per fatto proprio e per fatti altrui solo quando, venuti a conoscenza di fatti pregiudizievoli “non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”, vale a dire che l’obbligo di vigilanza ed intervento è riferibile solo ad un regime di amministrazione delegata.

Violazioni dello statuto

Gli amministratori sono responsabili se non rispettano i limiti imposti loro dallo statuto. Questi limiti riguardano essenzialmente:

  • le limitazioni dei loro poteri di amministrazione;

  • l’oggetto sociale.

Violazioni di obblighi specifici

Ogni volta che non sono rispettati obblighi specifici previsti dalla legge o da clausole pattizie, la violazione può comportare una responsabilità degli amministratori, ad esempio se agiscono in conflitto di interessi, se violano obblighi di natura contabile, se proseguono l’attività dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, ecc.

5. Azione sociale di responsabilità

A differenza del regime ante-riforma, l’azione sociale di responsabilità, oltre che direttamente dalla società, può essere esercitata anche dai soci in nome proprio, ma nell’interesse sociale.

In tutti i casi, per quanto attiene alla natura giuridica, si tratta di responsabilità contrattuale, derivante dal rapporto che lega gli amministratori alla società e destinata a riparare il danno subito ed a rimuovere gli amministratori responsabili di illeciti.

Se l’azione di responsabilità è infondata, l’amministratore citato ha diritto al risarcimento del danno subito.

Azione promossa dalla società

Di regola l’azione sociale di responsabilità è promossa dalla società, a seguito di deliberazione dell’assemblea ordinaria, anche se la società è in liquidazione ovvero con delibera del collegio sindacale.

Nei casi previsti dalla legge l’azione sociale può essere promossa senza delibera assembleare dall’amministratore giudiziario ovvero dal curatore fallimentare che si costituisce in giudizio per ottenere una sentenza di condanna al risarcimento del danno contro l’amministratore responsabile (artt. 2409, comma 5 e 2394-bis c.c.).

Se l’azione è promossa a seguito di delibera dell’assemblea, essa viene esercitata dal rappresentante legale o di altro rappresentante processuale della società.

Delibera del collegio sindacale

L’azione sociale di responsabilità, oltre che dall’assemblea, può essere deliberata anche dal collegio sindacale a maggioranza dei due terzi dei suoi membri. Come per l’azione decisa dall’assemblea va deliberata individualmente (e non cumulativamente) contro ciascun amministratore mediante distinte valutazioni dei fatti e delle colpe.

Delibera assembleare

L’azione sociale di responsabilità ha natura personale e, quindi, deve essere deliberata individualmente (e non cumulativamente) contro ciascun amministratore mediante distinte valutazioni dei fatti e delle colpe. La decisione di esercitare l’azione di responsabilità va presa dall’assemblea ordinaria con la stessa maggioranza prevista per le altre deliberazioni in prima e seconda convocazione (art. 2364, comma 1, n. 4, c.c.). Gli amministratori che sono anche soci possono partecipare all’assemblea, ma, ponendo una presunzione assoluta (iuris et de iure) di conflitto di interessi, la legge vieta all’amministratore socio di votare nelle delibere riguardanti la propria responsabilità (art. 2373, comma 2, c.c.). Invece, avendo l’azione sociale di responsabilità natura personale, ogni socio amministratore può partecipare alla votazione che riguardi la responsabilità dell’altro.

La delibera assembleare di responsabilità contro gli amministratori, se invalidamente assunta, può essere impugnata, oltre che dai soci assenti, dissenzienti ed astenuti, anche dagli amministratori, compresi quelli contro i quali sia stata autorizzata l’azione di responsabilità (art. 2377 c.c.). Oltre l’impugnativa per invalidità è possibile chiedere la sospensione in via d’urgenza della delibera che, assunta con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale, sospende la revoca degli amministratori (art. 2378, comma 3, c.c.).

Revoca degli amministratori - Se l’azione di responsabilità è decisa con la maggioranza di almeno un quinto del capitale sociale, gli amministratori contro cui è diretta sono immediatamente ed automaticamente revocati. L’assemblea provvede alla sostituzione anche se la nomina non è all’ordine del giorno. L’assemblea può provvedere nella stessa o in altra riunione.

La delibera che promuove l’azione di responsabilità e comportante la revoca gli amministratori può essere sospesa in via d’urgenza a richiesta degli stessi soggetti che l’hanno impugnata (art. 2378, comma 3, c.c.)

Soggetti legittimati ad agire in giudizio

I soggetti legittimati a proporre l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori sono diversamente individuati a seconda che l’azione sia conseguente o meno ad una delibera assembleare autorizzatoria.

Se l’azione è promossa a seguito di delibera assembleare, l’azione sociale di responsabilità è esercitata dagli amministratori che hanno la rappresentanza legale della società. A tal fine, per evitare una situazione di conflitto di interessi, occorre distinguere:

  • se l’azione di responsabilità è deliberata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale, la delibera comporta automaticamente la revoca degli amministratori nei cui confronti è proposta. In tal caso se l’azione è diretta contro tutti gli amministratori la società sta in giudizio in persona dei nuovi amministratori cui è attribuita la rappresentanza sociale; se è diretta solo contro alcuni amministratori la società può stare in giudizio in persona degli altri amministratori titolari del potere di rappresentanza;

  • se l’azione di responsabilità è deliberata con il voto favorevole di meno del quinto del capitale sociale, gli amministratori nei cui confronti è proposta l’azione restano in carica. In tal caso la rappresentanza sociale viene meno negli amministratori nei cui confronti è diretta l’azione e che, per questo, si trovano in una situazione di conflitto di intessi. Se l’azione di responsabilità è diretta contro tutti gli amministratori, la società sta in giudizio in persona dei nuovi amministratori o in mancanza delle persone nominate dall’assemblea o tramite un curatore speciale nominato dal Tribunale su istanza dell’assemblea (art. 78 c.p.c.); se è diretta solo contro alcuni amministratori la società può stare in giudizio in persona degli altri amministratori titolari del potere di rappresentanza;

  • se l’azione è diretta contro amministratori già cessati dall’incarico, la società sta in giudizio con i nuovi amministratori.

Nei casi tassativamente previsti dalla legge l’azione di responsabilità può essere esercitata senza delibera assembleare dall’amministratore giudiziario ovvero se la società è stata dichiarata fallita o sottoposta a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione controllata dal curatore fallimentare, previa autorizzazione del giudice delegato che si costituisce in giudizio per ottenere una sentenza di condanna al risarcimento del danno contro l’amministratore responsabile (artt. 2409, comma 5 e 2394-bis c.c.; art. 146 l. fall.) o dal commissario liquidatore, previa autorizzazione dell’autorità di vigilanza sulla liquidazione (art. 206, comma 1, l. fall.) oppure dai commissari straordinari (D.Lgs. n. 270/1999)

Soggetti destinatari dell’azione

L’azione di responsabilità è sempre collegata ad un inadempimento o alla commissione di un illecito da parte degli amministratori. Di norma, la responsabilità che fa capo agli amministratori è solidale (salvo si tratti di amministratore unico o di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di amministratori delegati), e quindi, l’azione può essere proposta indifferentemente contro tutti, alcuni o uno solo degli amministratori, a giudizio insindacabile dell’assemblea (art. 2393- bis, comma 1, c.c.).

È escluso il litisconsorzio necessario fra tutti gli amministratori (cioè l’obbligo che tutti partecipino al giudizio, a pena di nullità), anche se l’assemblea abbia deliberato di agire contro tutti ma l’azione sia stata in concreto esperita solo verso alcuni (Trib. Milano 01/07/1976).

È fatta salva l’azione di regresso nei rapporti tra gli amministratori

Termini per l’esercizio dell’azione

A differenza del previgente regime la legge dispone espressamente che l’azione sociale di responsabilità può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione degli amministratori in carica (art. 2393, comma 3, c.c.). Ne consegue che:

  • per i danni verificatisi prima della cessazione dalla carica, il termine per l’esercizio dell’azione di responsabilità non decorre sino a quando gli amministratori restano in carica;

  • per i danni verificatisi dopo la cessazione dalla carica, l’azione di responsabilità può essere esercitata solo entro cinque anni dalla cessazione dalla carica (a differenza del previgente regime che consentiva l’esercizio dell’azione di responsabilità entro cinque anni dal verificarsi del danno).

Danno risarcibile

Gli amministratori sono responsabili secondo le regole ordinarie per il danno immediato e diretto subito dalla società a causa del loro inadempimento.

Il danno risarcibile comprende sia il lucro cessante sia il danno emergente. La società deve provare il danno subito sia per il mancato guadagno (lucro cessante) sia per le perdite subite (danno emergente). Il danno va comunque determinato in relazione alla singola operazione e non al risultato finale dell’esercizio.

Azione sociale promossa dai soci

La riforma del 2003 ha esteso a tutte le società per azioni l’azione di responsabilità esercitata dalla minoranza, a suo tempo dettata dall’art. 129 del D.Lgs. 24/02/1998, n. 58 (Testo unico sulla finanza) per le società quotate.

Minoranza legittimata

Legittimati a promuovere l’azione sociale di responsabilità sono i soci (o l’unico socio) di minoranza che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura (inferiore o superiore) prevista nello statuto, comunque non superiore ad un terzo. Non è ammessa la disponibilità della quota a titolo diverso dalla proprietà, ad esempio usufrutto, creditore pignoratizio (art. 2393-bis, commi 1 e 2, c.c.).

Nelle società aperte, cioè che fanno ricorso al capitale di rischio (art. 2325-bis c.c.) l’azione sociale può essere promossa dai soci (o dall’unico socio) che rappresentino almeno un quarantesimo (2,5%) del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto. In precedenza, la soglia di rilevanza era di un ventesimo (5%), ma è stata ridotta ad un quarantesimo (2,5%) per facilitare l’aggregazione di minoranze qualificate.

In tutti i casi si tratta di una azione esercitata dai soci di minoranza in nome proprio, ma nell’interesse sociale di cui è fatto valere il diritto al risarcimento dei danni provocati dagli amministratori

Mutamento della quota di minoranza - la legge fissa una quota minima per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte della minoranza. È controverso se la quota minima per l’esercizio dell’azione debba esistere per tutta la durata del giudizio ovvero solo al momento della proposizione della domanda. In buona sostanza è controverso se il possesso della quota di minoranza richiesta per la legittimazione ad agire costituisca:

  • una condizione dell’azione, nel qual caso deve perdurare per tutta la durata del giudizio. Se durante il giudizio viene meno, ad esempio per cessione delle azioni ovvero per rinunzia di qualche socio all’azione, deve essere dichiarata l’intervenuta carenza di legittimazione attiva;

  • un presupposto processuale, in tal ipotesi è sufficiente che sussista al momento dell’esercizio dell’azione. Vale a dire che notificato l’atto introduttivo del giudizio, il processo continua sino alla sentenza sul merito, anche se la minoranza scende sotto la quota minima prevista per l’esercizio dell’azione.

Quest’ultima, forse, è la soluzione più corretta. Vero è che legittimata a promuovere l’azione è una minoranza qualificata, ma l’interesse tutelato è pur sempre l’interesse della società che non viene meno se, durante il giudizio, la minoranza scende al di sotto della quota minima.

Esercizio dell’azione

Per l’esercizio dell’azione di responsabilità e per il compimento degli atti conseguenti (procura al difensore, ecc.) i soci devono nominare, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più rappresentanti comuni (rappresentante processuale in giudizio).

La società deve essere chiamata in giudizio e l’atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale.

Spese processuali - L’azione, pur se promossa dalla minoranza è esercitata nell’interesse sociale e non dei soci. Logico corollario è la previsione normativa che, in caso di accoglimento della domanda, la società rimborsi agli attori le spese del giudizio e quelle sopportate nell’accertamento dei fatti.

Rinunzie e transazioni - I soci che hanno agito possono rinunciare all’azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della società.

La rinunzia o transazione possono essere impedite con il voto contrario di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura (inferiore o superiore) prevista nello statuto, comunque non superiore ad un terzo.

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