Equo compenso anche in mancanza di pattuizione preventiva delle parti

Il Consiglio Nazionale Forense risponde alle richieste di chiarimenti di vari COA definendo ambito ed eccezioni della legge

In risposta alla richiesta di chiarimenti da parte dei COA di Torino, Brindisi, Bari, Massa Carrara, Padova, Bologna e Pisa, il CNF chiarisce che le disposizioni in materia di equo compenso si applicano anche in assenza di pattuizione preventiva tra le parti. L’ambito di applicazione è comunque limitato ai contratti d’opera professionale stipulati con i “clienti forti” e successivi all’entrata in vigore della legge. Non è necessaria una nuova notifica del parere in caso di prestazioni rese alla P.A.

Il quesito dei COA

Gli ordini degli avvocati di Torino, Brindisi, Bari, Massa Carrara, Padova, Bologna e Pisa hanno indirizzato al CNF una serie di quesiti relativi all’ambito di applicazione della legge sull’equo compenso (L. 49/2023).

A destare incertezza tra gli avvocati è soprattutto la questione dell’applicabilità dell’art. 7 intitolato “Parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo”, ai compensi richiesti in assenza di pattuizione preventiva tra le parti.

Assenza di pattuizione preventiva

Il citato art. 7, spiega il CNF con il Parere n. 24/2023 (testo in calce), si applica alle prestazioni rese nell’ambito di delineato dall’art. 2 della Legge sull’equo compenso.

Si tratta in particolare dei “rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale, regolati da convenzione aventi ad oggetto lo svolgimento anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonchè delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori ai 10 milioni di euro..”

Al secondo comma del citato articolo il legislatore aggiunge che “le disposizioni della presente legge si applicano a ogni tipo di accordo preparatorio o definitivo, purché vincolante per il professionista…”.

Ed è proprio sulla base del richiamo testuale agli accordi preparatori, che il CNF ritiene pacifico estendere la tutela dell’equo compenso anche alle prestazioni rese dal professionista anche in assenza di pattuizione preventiva. “Se infatti”, si legge nel parere “per pattuizione preventiva si intende - come pare corretto- il perfezionamento di un accordo sul compenso, è giocoforza ritenere che il riferimento di cui all’articolo 2, agli accordi preparatori anticipi l’applicabilità della legge anche alla fase preparatoria e, dunque, antecedente alla pattuizione. Con la conseguenza che la pattuizione preventiva non è a rigore necessaria ai fini dell’applicabilità della legge”.

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I limiti di applicazione

Ulteriori quesiti sottoposti dai COA al Consiglio Nazionale Forense riguardano la possibilità di estendere la disciplina sul parere di congruità esecutivo a tutti i contratti d’opera professionale.

Per il CNF, l’ambito di applicazione della legge è delineato con esclusivo riguardo ai contratti stipulati con i “clienti forti”, dunque il parere di congruità per gli altri contratti professionali non costituisce titolo esecutivo.

Analogamente non è possibile, chiarisce il CNF, applicare la legge alle prestazioni rese per attività avviate e/o concluse prima dell’entrata in vigore della legge. Ostativo in tal senso è il dettato dell’art. 11, che esclude espressamente dall’ambito di applicazione delle nuove disposizioni “le convenzioni in corso, sottoscritte prima della data di entrata in vigore” della legge.

Prestazioni in favore della Pubblica Amministrazione

Il Parere n. 24/2023 scioglie anche il dubbio sollevato da alcuni COA, sulla necessità di una nuova notifica del parere avente ad oggetto prestazioni rese alla P.A., prima di avviare l’azione esecutiva.

Secondo il CNF, la legge ha introdotto un nuovo titolo esecutivo stragiudiziale di natura amministrativa (art. 474 comma 2 n. 1 c.p.c.); “ne consegue che, una volta decorsi i quaranta giorni senza che la controparte debitrice abbia proposto opposizione al giudice competente (che è quello del luogo nel cui circondario ha sede l’ordine che ha reso il parere di congruità) il titolo esecutivo può ritenersi validamente formato senza necessità di ulteriori adempimenti e il creditore può - pertanto- procedere alle conseguenti azioni esecutive. Ciò comporta, evidentemente, la notifica del titolo in forma esecutiva secondo le forme ordinarie”.

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