Impugnazioni penali

AltalexPedia, voce agg. al 10/01/2019

L'impugnazione è lo strumento attraverso il quale la parte processuale nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento giudiziario svantaggioso ne rimette il controllo ad un giudice diverso. L'espressione in questione designa in tal senso, non solo l'atto introduttivo del giudizio di impugnazione ma anche il procedimento che con esso viene avviato.


Impugnazioni penali

di Anna Larussa


1. Nozione

2. Principio di tassatività

3. Legittimazione a impugnare e interesse

4. I soggetti legittimati a impugnare

4.1 Il Pubblico ministero

4.2 Impugnazione dell'imputato

4.3 Le altre parti

5. Forma e contenuto

6. Presentazione dell'atto di impugnazione

7. Il seguito immediato dell'impugnazione

8. Termini per proporre impugnazione

9. Effetti

9.1. Effetto devolutivo

9.2 Effetto sospensivo

9.3 Effetto estensivo

10. La rinuncia all'impugnazione

11. Conversione del ricorso in appello

12. Il ricorso immediato in Cassazione

13. Impugnazione delle sentenze che dispongono misure di sicurezza

14. Impugnazione delle ordinanze dibattimentali

1. Nozione

L'impugnazione è lo strumento attraverso il quale la parte processuale nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento giudiziario svantaggioso ne rimette il controllo ad un giudice diverso. L'espressione in questione designa in tal senso, non solo l'atto introduttivo del giudizio di impugnazione ma anche il procedimento che con esso viene avviato.

Possono darsi diverse classificazioni delle impugnazioni.

Ed invero l'impugnazione può essere:

  • ordinaria o straordinaria, secondo che sia proposta nei termini perentori previsti dalla legge, a pena di definitività del provvedimento (appello e ricorso per cassazione), ovvero una volta che tali termini siano decorsi e il provvedimento sia passato in cosa giudicata (revisione, ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, rescissione del giudicato);

  • di legittimità e o di merito, secondo che sia diretta a far valere solo eventuali violazioni di legge (ricorso per cassazione) o sia diretta anche ad una rivalutazione dei fatti oggetto della controversia (appello);

  • a critica vincolata (ricorso per cassazione) o a critica libera (appello), secondo che sia o meno concessa per far valere vizi specificamente indicati dal legislatore;

  • principale o incidentale secondo che sia proposta inizialmente e in via autonoma al fine di instaurare un nuovo grado di giudizio ovvero si inserisca nell'ambito di una contestazione già proposta (appello incidentale).

2. Principio di tassatività

Il principio che governa la materia delle impugnazioni è il principio di tassatività, ricavabile dalla disposizione dell'art. 568 comma 1 c.p.p. secondo cui “la legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati” e sempre la legge individua coloro ai quali spetta il diritto di impugnazione (“3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse”).

Il principio di tassatività concerne pertanto: i presupposti, i mezzi e la legittimazione ad impugnare.

La stessa disposizione normativa prevede, al secondo comma, l'esperibilità del ricorso per cassazione, in tutti i casi in cui non sia previsto altro mezzo di impugnazione, avverso i provvedimenti con cui il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, tranne quelle sulla competenza che possono dar luogo a un conflitto di giurisdizione o competenza.

Ciò significa che le sentenze inappellabili sono comunque ricorribili in cassazione mentre, quanto agli altri provvedimenti: se non decidono sulla libertà personale, non sono impugnabili se non espressamente previsto; se decidono sulla libertà personale, sono comunque ricorribili in cassazione, fermo restando che le ordinanze in materia di libertà personale sono impugnabili con i mezzi di impugnazione cautelari, immediatamente e autonomamente (artt. 309 ss c.p.p.); sono invece impugnabili con la sentenza, le ordinanze emesse nel corso del dibattimento e degli atti preliminari.

Il principio di tassatività incontra un limite nella conservazione dell'impugnazione la cui qualificazione sia stata indicata erroneamente dalla parte impugnante (ex art. 568 comma 5): “l'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta . Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente”.

La norma in questione, espressione del favor impugnationis, conferisce rilievo alla volontà della parte desumibile dal contenuto dell'atto, prescindendo da eventuali qualificazioni erronee conferite allo stesso. Resta, tuttavia, inteso che il gravame proposto dovrà aver rispettato i requisiti temporali formali e sostanziali del mezzo nel quale verrà convertito.

3. Legittimazione a impugnare e interesse

Come anticipato, l'art. 568 comma 3 c.p.p. estende il principio di tassatività alla individuazione dei soggetti titolari del diritto di impugnazione mentre il comma successivo (in combinato disposto con l'art. 591 comma 1 lett. a c.p.p.) subordina l'ammissibilità dell'impugnazione alla condizione che l'impugnante abbia interesse, cioè l'impugnazione sia volta ad eliminare un provvedimento svantaggioso e a sostituirlo con altro da cui l'impugnante possa trarre un qualche beneficio.

Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che l'interesse debba essere attuale e concreto, cioè, per un verso, debba sussistere al momento dell'impugnazione e persistere sino alla decisione, per altro verso, debba protendere al conseguimento di un risultato pratico vantaggioso per l'impugnante.

Quanto al pubblico ministero, questi ha certamente interesse a impugnare anche per contrastare l'ingiustizia dei provvedimenti, sia a tutela della funzione punitiva dello Stato, sia a garanzia della posizione dell'imputato e della parte offesa: e quindi, pur nell'ambito del processo accusatorio, può sostituirsi, nella impugnazione dei provvedimenti, alle parti private per contrastare provvedimenti emessi in violazione del principio di legalità o per far valere questioni di interesse pubblico, rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento; ma non può, viceversa, sostituirsi all'imputato o alla persona offesa per sindacare statuizioni ritenute pregiudizievoli dei rispettivi interessi.

4. I soggetti legittimati a impugnare

4.1 Il Pubblico ministero

Per ciò che concerne la parte pubblica, la legittimazione è disciplinata dall'art. 570 c.p.p., il quale individua i rappresentanti dell'ufficio del pubblico ministero che possono esercitare il potere di impugnazione in tutti i casi in cui le norme sul gravame facciano generico riferimento al pubblico ministero (“nei casi stabiliti dalla legge” cfr. art. 570 comma 1 c.p.p.).

La disposizione in questione riconosce la legittimazione, in ragione della impersonalità dell'ufficio di procura: al rappresentante del pubblico ministero che ha rassegnato le conclusioni, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello, indipendentemente dalle conclusioni del rappresentante dell'accusa in udienza, nonchè, salvo quanto previsto dall'art. 593 bis c.p.p., al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello, indipendentemente dall'impugnazione o dall'acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento.

L'art. 593 bis sopracitato e fatto salvo, introdotto dalla riforma delle impugnazioni penali al fine di risolvere le questioni relative alla possibile sovrapposizione degli uffici accusatori nella proposizione dell'impugnazione, prevede che “Nei casi consentiti, contro le sentenze del Giudice per le indagini preliminari, della Corte d’Assise e del Tribunale può appellare il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello può appellare nei casi di avocazione o se il procuratore della Repubblica abbia prestato acquiescenza al provvedimento”.

Per le ipotesi di acquiescenza della procura presso il giudice di primo grado (per le avocazioni chiaramente il problema non si pone), al fine di garantirne la conoscenza da parte del Procuratore Generale, è stato introdotto un nuovo art. 166-bis disp. att. c.p.p. rubricato «Poteri del Procuratore Generale in materia di impugnazione delle sentenze di primo grado» in cui si stabilisce che «al fine di acquisire tempestivamente notizia in ordine alle determinazioni relative all’impugnazione delle sentenze di primo grado, il Procuratore Generale presso la Corte d’appello promuove intese o altre forme di coordinamento con i Procuratori della Repubblica del distretto».

Il rappresentante dell'accusa che ha concluso in primo grado può partecipare al giudizio di impugnazione ove ne faccia richiesta e sia autorizzato dal Procuratore Generale cui comunque spetteranno gli avvisi: ciò, evidentemente al fine di salvaguardare il patrimonio conoscitivo formatosi nel corso del procedimento, soprattutto quando questo sia complesso.

L'iniziativa dell'accusa può essere sollecitata dalle parti private (la parte civile, la persona offesa, anche se non costituita parte civile, e gli enti e le associazioni intervenuti a norma degli articoli 93 e 94, cfr. art. 572 c.p.p.) cui, ove non impugni, il pubblico ministero dovrà rispondere con decreto motivato.

Con il D.Lgs. 6 febbraio 2018 n. 11 recante “Disposizioni di modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione in attuazione della delega di cui all'art. 1 commi 82, 83 e 84 lettere f g h i l m della legge 23 giugno 2017 n. 103” (c.d. Riforma Orlando) è stato introdotto nel corpo dell'art. 568 un nuovo comma 4 bis il quale prevede che qualora il pubblico ministero voglia proporre impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all'imputato, potrà impugnare solo con ricorso per cassazione.

4.2 Impugnazione dell'imputato

La legittimazione dell'imputato è contemplata dagli articoli 571 e 574 c.p.p.: per il primo, l'imputato può proprorre impugnazione personalmente o a mezzo di procuratore speciale (nominato anche prima dell'emissione del provvedimento ex art. 37 disp. att. c.p.p.); non può tuttavia proporre personalmente ricorso per cassazione poiché a seguito della Riforma Orlando (Legge 103/2017), il ricorso deve essere redatto e sottoscritto da un avvocato patrocinante presso le giurisdizioni superiori, in ragione del tecnicismo dell'atto.

Nell'interesse dell'imputato possono proporre impugnazione: il tutore, il curatore speciale, nelle rispettive situazioni di tutela e curatela, l'avvocato che risulti difensore al momento del deposito della sentenza o che sia nominato ai fini dell'impugnazione, ma l'impugnazione di quest'ultimo può essere paralizzata sul piano dell'efficacia dalla dichiarazione dell'imputato resa con le stesse modalità della rinuncia all'impugnazione, e salvo il consenso del tutore e o del curatore nelle rispettive situazioni; in altre parole si equipara l'atto abdicativo rispetto al gravame personalmente interposto a quello che sia rivolto all'impugnazione esperita dal difensore.

La previsione del difensore opera anche per il contumace senza che l'eventuale impugnativa del difensore precluda il diritto del contumace di chiedere la restituzione in termini.

L'art. 574 c.p.p. disciplina l'impugnazione agli effetti civili, vale a dire diretta contro i capi della sentenza che hanno disposto la condanna dell'imputato alle restituzioni, al risarcimento e alla refusione delle spese nonché contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali.

L'impugnazione è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza. L'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.

4.3 Le altre parti

La parte civile ha il potere di impugnare la sentenza di proscioglimento dell'imputato ai soli effetti della responsabilità civile, senza pregiudizio in ordine all'accertamento dell'eventuale responsabilità penale dell'imputato già prosciolto, nonché i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile (ad esempio l'entità del danno riconosciuto).

Analogo potere di impugnazione è riconosciuto avverso la sentenza pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, qualora la parte civile abbia acconsentito alla definizione del processo con il rito in questione.

Il diritto di impugnazione è inoltre riconosciuto al querelante che, con la sentenza di assoluzione perchè il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, sia stato condannato al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato, nonchè eventualmente alla rifusione delle spese e al risarcimento dei danni cagionati all'imputato o al responsabile civile ai sensi dell'art. 427 c.p.p.

Il giudizio, conseguente all'impugnazione, ancorché agli effetti civili, soggiace alle regole stabilite per il processo penale ma non sospende l'esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato.

Per la stessa ragione, qualora in primo grado sia stata pronunciata condanna alle restituzioni e al risarcimento, la Corte d'Appello o la Corte di cassazione, se è stata proposta impugnazione agli effetti civili, devono pronunciarsi su di essa anche nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione.

Una previsione analoga (art. 578 bis c.p.p.) è stata di recente introdotta ad opera dell'art. 6 comma 4 del D.Lgs. 1 marzo 2018 n. 21 con riferimento ai casi in cui sia stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dall'art. 240 bis c.p. e da altre disposizioni di leggi: in tali casi, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato.

5. Forma e contenuto

L'impugnazione si propone con atto scritto, nel quale devono essere indicati il provvedimento impugnato, la data dello stesso e il giudice che lo ha emesso.

Mette conto di segnalare come la legge 103/2017 sia intervenuta sui requisiti di ammissibilità dell'impugnazione disciplinati dall'art. 581 c.p.p. per renderli coerenti con il modello legale di motivazione in fatto della decisione di merito risultante dalla modifica dell'art. 546 comma 1 lett. e c.p.p.

In particolare il legislatore ha previsto, in via generale, con la modifica dell'art. 581 c.p.p., che, a pena di inammissibilità, l'enunciazione dei vari requisiti sia specifica (laddove il testo previgente richiedeva la sola specificità dei motivi): ha previsto che sia specifica l'enunciazione delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione e l'omessa o erronea valutazione; che sia specifica l'enunciazione delle richieste anche istruttorie.

Pertanto, a seguito della riforma, l'atto d'appello deve contenere a pena di inammissibilità, anzitutto: i capi o i punti della decisione cui si riferisce (intendendosi per capo la statuizione emessa in relazione ad una incolpazione che assume autonomia rispetto ad altre parti della decisione, mentre per punto il singolo tema affrontato all'interno di un capo, suscettivo della sola preclusione correlata all'effetto devolutivo del gravame - se non attenzionato coi motivi - ma non del passaggio in giudicato, che si forma solo sul capo allorquando siano divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie al proscioglimento o alla condanna Cassazione penale, sez. V, sentenza 20/07/2018 n° 34504).

La riforma chiede poi l'enunciazione specifica, a pena di inammissibilità, delle prove di cui si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione e l'omessa o erronea valutazione: in particolare, il vizio attinente alla prova deve avere oggetto definito o attenere alla proposizione di un dato storico e non opinabile o riferirsi al procedimento di formazione della stessa e riguardare il profilo della violazione del contraddittorio (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 20/07/2018 n° 34504).

Ancora, devono essere enunciate in forma chiara e precisa le richieste, principali e subordinate, nonché i motivi, i quali, secondo l'insegnamento delle sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 8825/2017, devono essere esplicitamente correlati con le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata.

La specificità dei motivi deve cioè essere non solo intrinseca ma anche estrinseca,

La necessaria specificità comporta che il giudizio di secondo grado non possa essere più la ripetizione di valutazioni già compiute, ma si configuri quale giudizio critico su punti specificamente dedotti.

In tal senso va segnalata la già citata Cassazione penale, Sez. V, sentenza 20/07/2018 n° 34504 secondo cui la suddetta struttura dell'impugnazione, che ha raccolto gli approdi della giurisprudenza di legittimità, delinea il giudizio di impugnazione come giudizio critico su punti specificamente dedotti, con la conseguenza che l'impugnazione per essere ammissibile “non può limitarsi alla rivalutazione di argomentazioni sulle quali il giudice di prime cure si era già espresso ovvero tendere alla prospettazione della mera ricostruzione alternativa dei fatti senza l'indicazione delle fonti di prova da cui si deduce la differente ricostruzione” ma deve individuare il capo e o il punto che intende devolvere alla cognizione del giudice d'appello “enucleandolo con puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata e specificando tanto i motivi di dissenso alla decisione appellata che l'oggetto della diversa delibazione sollecitata presso il giudice del gravame”.

L'obbligo di maggiore specificità causa inevitabilmente l'ampliarsi delle ipotesi di inammissibilità originaria a fronte delle quali la possibilità di declaratoria prevista dal comma 2 dell'art. 591 c.p.p. impone ai giudici d'appello una valutazione anticipata e adeguata dell'ammissibilità dell'atto da effettuarsi de plano prima della fissazione del procedimento.

6. Presentazione dell'atto di impugnazione

L'atto di impugnazione deve essere presentato, personalmente o a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso l'atto impugnato, ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo nel quale si trovano le parti o i difensori, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero. In tali casi, l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato.

Sul tema va segnalata la sentenza delle Sezioni Unite Penali che estende la disposizione in questione anche alla materia cautelare: secondo Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali Sentenza 13 ottobre 2017, n. 47374 In tema di misure cautelari reali, la richiesta di riesame può essere presentata, oltre che nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero.

L'impugnazione può essere proposta con telegramma o a mezzo raccomandata e in tal caso si considera proposta all'atto della spedizione.

In via interpretativa si esclude la possibilità di presentare l'impugnazione a mezzo pec (È inammissibile l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di Posta Elettronica Certificata, stante il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni, trattandosi di modalità non consentita dalla legge, in ragione dell'assenza di una norma specifica che consenta nel sistema processuale penale il deposito di atti in via telematica, e nonostante che per espressa previsione di legge il valore legale della posta elettronica certificata sia equiparato alla raccomandata con ricevuta di ritorno (Corte di Cassazione, Sezione 4 penale Sentenza 11 maggio 2018, n. 21056)

Il deposito deve essere eseguito nel numero di copie indicate dall'art 164 delle disposizioni di attuazione al codice di rito, vale a dire un numero di copie quanto sono le parti cui l'atto deve essere notificato, nonché ulteriori due copie per l'appello e cinque nel caso di ricorso per cassazione oltre una copia per il procuratore generale.

L'atto viene poi a cura della cancelleria notificato alle parti.

7. Il seguito immediato dell'impugnazione

La proposizione dell'impugnazione onera la cancelleria del giudice a quo, una volta completati gli adempimenti relativi alla ricezione e alle notifiche dell'atto, alla trasmissione dell'atto medesimo, del provvedimento impugnato e degli atti del processo al giudice dell'impugnazione cui compete il vaglio di ammissibilità, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., salva la declaratoria successiva, in ogni stato e grado, in difetto del preliminare e tempestivo rilievo d'ufficio.

L'impugnazione è inammissibile in quattro casi contemplati dal 1 comma dell'art. 591: quando è proposta da chi non è legittimato o non ha interesse; quando il provvedimento non è impugnabile; quando non sono state osservate le disposizioni degli artt. 581 (forma dell'impugnazione) 582 (presentazione dell'impugnazione) 583 (spedizione dell'impugnazione) 585 (termini per l'impugnazione) 586 (impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento); quando vi è rinuncia all'impugnazione.

L'inammissibilità è dichiarata con ordinanza, con cui viene del pari disposta l'esecuzione del provvedimento impugnato. L'ordinanza è poi notificata a chi ha proposto impugnazione ed è soggetta a ricorso per cassazione.

Nel caso di rigetto o inammissibilità dell'impugnazione la parte privata che l'ha proposta è condannata alle spese del procedimento: se si tratta dell'imputato, questi è condannato alle spese dei precedenti gradi di giudizio anche se in essi sia stato prosciolto; se si tratta di un coimputato che ha partecipato al giudizio di impugnazione proposto da altri, è condannato in solido alle spese; nel caso di impugnazione per i soli interessi civili, la parte soccombente è condannata alle spese.

8. Termini per proporre impugnazione

Il termine per proporre impugnazione è perentorio, in quanto stabilito a pena di decadenza, ed è disciplinato dall'art. 585 c.p.p.

In particolare tale disposizione prevede un termine di:

15 giorni per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio: in tal caso il termine decorre dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento;

15 giorni nel caso in cui la motivazione sia contestuale al dispositivo della sentenza: in tal caso il termine decorre dalla lettura del provvedimento in udienza per tutte le parti che sono o devono considerarsi presenti in giudizio anche se non presenti alla lettura;

trenta giorni, qualora la motivazione sia depositata non oltre il quindicesimo giorno dall'emanazione del dispositivo;

quarantacinque giorni, quando sia depositata entro il 90 giorno dall'emanazione del dispositivo.

Negli ultimi due casi il termine decorre dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza.

Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell'articolo 544 comma 3 (90 giorni) il termine per impugnare decorre dal giorno in cui l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione, nonché a chi risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza

Per il Procuratore generale presso la corte d'appello il termine decorre dal giorno in cui è stata eseguita la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla Corte di Appello.

Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo: c.d. favor impugnationis.

Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. Tali motivi seguono le sorti dell'impugnazione principale e come tali sono inammissibili se inammissibile è l'impugnazione principale.

9. Effetti

La proposizione dell'impugnazione genera tre tipi di effetti: l'effetto devolutivo, l'effetto sospensivo e l'effetto estensivo.

9.1 Effetto devolutivo

Per effetto devolutivo (cfr. art. 597 comma 1 c.p.p.) si intende l’attribuzione al giudice dell’impugnazione della cognizione sulla materia già oggetto di valutazione da parte del giudice precedente. Sul punto, si distingue tra impugnazioni:

  • totalmente devolutive, con cui si devolve al giudice competente l’intera materia già oggetto del primo giudizio, indipendentemente dalle parti del provvedimento alle quali si riferiscono i motivi proposti e persino a prescindere dalla proposizione di eventuali motivi (es. il riesame delle misure cautelari in ambito penale);
  • parzialmente devolutive, che attribuiscono al giudice dell’impugnazione la cognizione esclusivamente in ordine ai capi e punti della sentenza impugnati (es. appello): intendendosi per capo la singola imputazione riferita al fatto storico, a sua volta posto in relazione con la fattispecie incriminatrice (i capi di accusa sono normalmente numerati e/o accompagnati da lettere, in modo tale che il giudice di primo grado possa pronunciarsi in ordine a ciascuno di essi); per punto la tematica di fatto o di diritto che deve essere trattata e risolta per giungere ad una decisione in merito ad una o più imputazioni (es. accertamento del fatto storico, qualificazione giuridica).

Come si è già visto, l’impugnazione che concerne soltanto i capi civili della sentenza non sospende l’esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato (art. 573 co. 2). L’impugnazione per i soli interessi civili, comunque, è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale (co. 1).

9.2 Effetto sospensivo

L'effetto sospensivo, disciplinato dall'art. 588 c.p.p., consiste nella sospensione dell'esecuzione della sentenza durante il termine per impugnare, e fino alla conclusione del giudizio di impugnazione esperito.

L'effetto sospensivo opera dunque sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza, che si verifica o per esperimento di tutti i mezzi di impugnazione ordinari previsti o per mancata proposizione degli stessi nei termini perentori o per inammissibilità dei mezzi di impugnazione proposti.

L'effetto sospensivo costituisce un'applicazione del principio di presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva di cui all'art. 27 comma 2 Cost.

Esso trova eccezione con riguardo alle impugnazioni in materia di libertà personale (artt. 309 e ss. c.p.p.): ciò in quanto, in materia di misure restrittive occorre preservare le esigenze cautelari che le stesse mirano a garantire e che sarebbero vanificate dall’automatismo dell’inefficacia conseguente alla proposizione dell’impugnazione.

9.3 Effetto estensivo

L'effetto estensivo, disciplinato dall'art. 587 c.p.p., consiste nel diritto di una parte, anche se non impugnante, di giovarsi dell'impugnazione proposta da altra parte, attraverso l’estensione degli effetti della decisione più favorevole pronunciata dal giudice dell’impugnazione. L’estensione, che si verifica nei soli casi indicati dalla legge e solo a vantaggio delle parti indicate, presuppone un rapporto processuale unitario, ovvero che la parte impugnante e quella non impugnante siano state giudicate nel medesimo processo. L’art. 587 c.p.p. prevede, in particolare, che l’impugnazione dell’imputato giovi anche agli imputati concorrenti nello stesso reato, se l’impugnazione non era fondata su motivi esclusivamente personali, nonché agli imputati di reati differenti ma in processi riuniti solo se i motivi riguardano violazioni di legge processuale e non sono esclusivamente personali.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, l'effetto estensivo dell'impugnazione opera nei confronti del coimputato non impugnante solo quando nel giudizio di gravame, cui il coimputato non impugnante ha diritto di partecipare, o nell'incidente di esecuzione promosso per ottenere gli effetti previsti dall'articolo 587 c.p.p. il giudice riconosce che gli effetti dell'impugnazione, non fondata su motivi esclusivamente personali, si debbano estendere anche al condannato con sentenza dichiarata esecutiva. E' stato infatti precisato che l'effetto ex art. 587 c.p.p. opera di diritto come rimedio straordinario che, al verificarsi dell'evento consistente nel riconoscimento del motivo non esclusivamente personale dedotto dall'imputato diligente, è idoneo a revocare il giudicato in favore del non impugnante, rendendo questi partecipe del beneficio conseguito dal coimputato. Ciò significa che finchè non si verifica l'effetto risolutivo, il predetto fenomeno processuale non spiega alcuna influenza sulla esecutorietà della sentenza relativa al rapporto processuale concernente il non impugnante o equiparato, con la conseguenza che l'effetto estensivo dell'impugnazione, lungi dall'impedire il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti dell'imputato non impugnante, si pone proprio come rimedio straordinario contro il giudicato e l'esecuzione della sentenza, preordinato a impedire il verificarsi di situazioni di ingiustificata disparità (cfr. Cass. Pen., Sez. V n. 15446 del 17/02/2004, Rv. 228758; Cass. Pen., Sez. I, n. 13902 dell'11/12/2008, Rv. 243540). L’impugnazione dell’imputato giova anche al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria.

10. La rinuncia all'impugnazione

La rinuncia all'impugnazione è il comportamento (nel caso di rinuncia tacita) ovvero l'atto (nel caso di rinuncia espressa) con cui il soggetto legittimato ad impugnare rinuncia a proporre impugnazione (rinuncia tacita) ovvero rinuncia all'impugnazione proposta (rinuncia espressa).

La rinuncia tacita si ha dunque quando la parte cui spetta il diritto di impugnare lascia decorrere infruttuosamente il termine senza proporre impugnazione.

La rinuncia espressa si ha quando la parte che ha proposto impugnazione dichiara di rinunciare ad essa.

La rinuncia espressa all’impugnazione è un atto abdicativo di carattere formale che va presentato a norma dell’art. 589 c.p.p., a uno degli organi competenti a ricevere l'impugnazione, nelle forme e nei modi previsti per la presentazione dell’impugnazione stessa ovvero, nel giudizio di impugnazione, prima dell’inizio della discussione.

Per quanto concerne l'ufficio di procura, la rinuncia all'impugnazione può essere formulata dal pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, fino all'apertura del dibattimento, dal pubblico ministero presso il giudice dell'impugnazione, sino all'inizio della discussione: deve essere fromulata in modo chiaro e inequivoco e non può essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate dal procuratore generale nell'udienza di appello (Cassazione penale, sez. II, 21 ottobre 2014 n. 49038)

Il difensore di fiducia è legittimato a rinunciare validamente, ai sensi dell'art. 589, comma secondo, c.p.p., all'impugnazione da lui autonomamente proposta nell'interesse del condannato o dell'imputato, senza necessità di munirsi di apposita procura speciale rilasciata dal suo assistito. Secondo la Corte di cassazione, infatti, al potere del difensore di produrre, attraverso l'autonomo diritto di impugnazione, effetti sostanziali di natura anche pregiudizievole per il rappresentato, deve corrispondere la facoltà di caducarne gli effetti mediante la dichiarazione di rinuncia al gravame già proposto (Corte di Cassazione, Sezione 1 penale Sentenza 20 novembre 2014, n. 48289).

11. Conversione del ricorso in appello

L'art. 580 c.p.p. disciplina l'istituto della conversione del ricorso in appello, istituto che risponde alla volontà, nel processo cumulativo, di assicurare uniformità di giudizio ed evitare l'inconciliabilità dei giudicati. Pertanto “quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello”

Nell'ottica di economia processuale, la preferenza è accordata all'appello sia perchè, quale giudizio di merito e di legittimità, è idoneo ad assorbire la funzione di legittimità tipica del ricorso, sia perchè strumento a critica libera anziché vincolata.

L'operare della conversione del ricorso in appello nel caso in cui contro uno stesso provvedimento siano stati proposti mezzi di impugnazione diversi ad opera di soggetti diversi, è fenomeno ope legis e il giudice d'appello, investito della cognizione, esercita i poteri cognitivi propri del grado, non limitandosi al giudizio rescindente ma procedendo anche al riesame nel merito e quindi al giudizio rescissorio.

12. Il ricorso immediato in Cassazione

Il ricorso immediato in Cassazione (art. 569 c.p.p.) consente di sottoporre immediatamente al giudice di legittimità la decisione di primo grado per vizi il cui accertamento non implichi alcuna considerazione in merito, attesa la natura anticipatoria dello strumento in questione.

L'istituto, pur avendo la natura suddetta, non si sottrae al principio di unitarietà del mezzo di impugnazione prevedendosi i seguenti casi di conversione del ricorso in appello:

  • qualora la sentenza sia appellata da una delle parti, in ragione della preferibilità dell'appello, a meno che queste rinuncino all'appello entro 15 gg dalla notifica del ricorso e propongano motivi di legittimità nei 15 gg successivi;
  • qualora il ricorso sia stato proposto ai sensi dell'art. 606 lett. d ed e, dovendosi escludere ogni potere di integrazione motivazionale e di surrogazione probatoria.

Il 4° comma dell'art. 569 c.p.p. si occupa delle vicende conseguenti all'accoglimento del ricorso per saltum stabilendo che, a seguito dell'accoglimento, l'eventuale giudizio di rinvio deve essere disposto dinanzi al giudice competente per l'appello, salvo il caso in cui il vizio denunciato con il ricorso immediato, se, dedotto con i motivi d'appello, avrebbe determinato ex art. 604 c.p.p. l'annullamento della sentenza da parte del giudice di II grado: in tal caso, la restituzione deve essere fatta al giudice di primo grado per non privare le parti di un grado di giudizio.

13. Impugnazione delle sentenze che dispongono misure di sicurezza

L'art. 579 c.p.p. prevede un fenomeno di attrazione delle impugnazioni concernenti le disposizioni della sentenza che attengono alle misure di sicurezza nel gravame avverso i capi penali della sentenza, ove questo sia proposto.

Il gravame avverso le sole disposizioni della sentenza che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza personali deve essere proposto al Tribunale di sorveglianza per competenza funzionale.

Non avendo il Tribunale di sorveglianza competenza in tema di confisca (a conoscere e decidere delle cose confiscate è, infatti, il giudice dell'esecuzione), competente a conoscere l'impugnazione avverso la sentenza che disponga la confisca, è il giudice dell'impugnazione.

14. Impugnazione delle ordinanze dibattimentali

L'art. 586 prevede l'impugnabilità, congiunta alla sentenza, delle ordinanze emesse nel corso del dibattimento: la ragione di tale impugnabilità differita va ricercata nella volontà di evitare, con l'impugnazione autonoma di tali ordinanze, ritardi incompatibili con il principio di ragionevole durata del processo, e di mantenere l'unitarietà dell'accertamento per verificare se e quale pregiudizio la questione decisa con l'ordinanza abbia comportato nella sentenza.

L'impugnazione di quest'ultima è poi ammessa solo per connessione con l'ordinanza.

A tale regola si sottraggono le ordinanze che non possono essere impugnate e quelle impugnabili autonomamente e immediatamente, quali le ordinanze in materia di libertà personale, non potendosi in tal caso procrastinare la verifica dei provvedimenti che la riguardano.

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