Diffusione e accesso all'informazione territoriale (Direttiva INSPIRE)

Articolo, 15/04/2010

Diffusione e accesso all'informazione territoriale in accordo con il recepimento della Direttiva INSPIRE

di Elena Sánchez Jordán e Cesare Maioli

Sommario: 1. L’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea e la Direttiva INSPIRE - 2. Il ruolo delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione nella tutela del diritto di accesso all’informazione ambientale - 3. L’importanza dei Sistemi Informativi Territoriali nella normativa inerente la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione - 4. Su alcune categorie tematiche di INSPIRE - 4.1. Parcelle catastali - 4.2. Zone a rischio naturale.

1. L’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità Europea e la Direttiva INSPIRE

Il Sesto Programma Quadro per l'Ambiente evidenzia come un' informazione migliore costituisca una chiave per il miglioramento delle politiche sull'ambiente nella decade 2002-2012. Le informazioni geografiche vi ricoprono un ruolo speciale, per la loro potenzialità di presentazione delle informazioni in modo chiaro e legato a elementi di immediata comprensione per i cittadini e per le entità che hanno interesse su temi rappresentati da esse[1]. La disponibilità e crescita di consapevolezza delle informazioni ambientali saranno certamente migliorate grazie alla Direttiva 2007/2/CE, INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in the European Community), la cui implementazione rappresenta un supporto importante alle azioni chiave del Sesto Programma Quadro per l'Ambiente[2].

Il Consiglio dei Ministri il 22 gennaio 2010 ha definitivamente approvato il Decreto Legislativo relativo alle norme per l’attuazione della Direttiva che stabilisce le regole per l’istituzione, in seno all’Unione europea, di un’infrastruttura per l’informazione territoriale, finalizzata a consentire lo scambio, la condivisione, l’accesso e l’utilizzo di dati geografici e ambientali . L’amministrazione competente, ossia il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), ha elaborato lo schema del D.Lgs. n. 144 presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 28 Ottobre 2009; il decreto è stato successivamente esaminato dalla VIII Commissione Ambiente che ha espresso parere favorevole cui si sono aggiunti i rilievi anch’essi positivi della V Commissione Bilancio e della XIV Commissione Politiche UE[3].

Ad oggi sussistono forti disomogeneità tra gli Stati membri nel settore dei dati territoriali[4], sia di natura giuridica sia di natura informatica: il diritto d'accesso all’informazione territoriale non gode di una tutela sufficientemente diffusa, le regole che disciplinano lo scambio e la circolazione di informazioni tra autorità pubbliche variano a seconda del modello statale di organizzazione amministrativa, la gestione unitaria dei dati e la realizzazione di infrastrutture nazionali per l’informazione territoriale registrano stati di avanzamento diversi e queste condizioni determinano difficoltà oggettive di conduzione del processo di elaborazione delle politiche ambientali in modo integrato e di adozione di provvedimenti sufficientemente diversificati in ragione delle diverse realtà territoriali che la Comunità raccoglie; la Direttiva 2007/2/CE consente di armonizzare, far condividere e qualificare le informazioni territoriali, ai fini gestionali e di programmazione degli interventi sul territorio.

La Comunità Europea tenta dunque di definire norme generali e regole tecniche per la realizzazione di una IIT (Infrastruttura di Informazione Territoriale) di dimensione europea per la gestione dell’informazione territoriale[5]. L'Infrastruttura troverà una base nelle IIT predisposte e gestite dai Stati membri, come esplicitamente dettato dall'art. 1.2 della Direttiva 2007/2/CE, che richiede inoltre l'adozione di regole di implementazione specifiche da parte degli Stati membri stabilendo la struttura dei comitati a tal fine istituiti.

Lo scopo principale della Direttiva 2007/2/CE riguardo all’Infrastruttura è quello di: garantire che i dati territoriali siano archiviati, resi disponibili e conservati al livello più idoneo; consentire di combinare in maniera coerente dati territoriali provenienti da fonti diverse all’interno della Comunità e di condividerli tra vari utilizzatori e applicazioni; permettere di condividere i dati territoriali raccolti a un determinato livello dell’amministrazione pubblica con altre amministrazioni pubbliche; rendere disponibili i dati territoriali a condizione che non ne venga limitato indebitamente l’uso più ampio; permettere di ricercare facilmente i dati territoriali disponibili, valutandone agevolmente l’idoneità allo scopo e ottenere informazioni sulle loro condizioni di utilizzo, come riportato nel Considerando 6 della Direttiva[6].

L’istituzione dell'iniziativa INSPIRE è stata valutata da gran parte degli esperti e degli operatori in termini positivi: sono stati apprezzati il tentativo di definire norme e standard comuni per il settore strategico dell’informazione territoriale e di rispondere alle esigenze di un’utenza multireferenziata. Tuttavia, non sono mancate alcuni voci critiche, che, temono l'impossibilità di realizzazione di una rete comunitaria di servizi sull’informazione territoriale che di fatto non limiti il libero accesso dei cittadini ai dati raccolti ed elaborati dalle infrastrutture statali coinvolte[7].

Un dato territoriale, una volta caratterizzato dalle sue entità e attributi, può essere condiviso e utilizzato per scopi diversi da quello per cui fu originariamente prodotto: la IIT rappresenta la infrastrutture sorta per facilitare la condivisione e il riuso. Molti Stati membri hanno definito e creato IITN (IIT Nazionali)[8], che vedono la collaborazione dei settori pubblico e privato che implementano soluzioni per particolari gestioni di dati territoriali in accordo con le rispettive finalità. Si è rilevato come laddove la collaborazione pubblico-privato sia scarsa, maggiori sono le possibilità di ottenere benefici tangibili[9].

La IIT, già prima della Direttiva 2007/2/CE, era intesa come il servizio realizzato da componenti di rete, hardware, software e di sistema in grado di offrire agli utenti (uffici delle amministrazioni territoriali come Province, Comuni, imprese private) sia la fornitura di cartografia di base che i servizi sui dati territoriali. Essa deve essere in grado di assicurare il flusso dei dati dal produttore, manutentore, custode, all’utilizzatore di servizi e all’utilizzatore di dati.

La IIT si è arricchita con la Direttiva 2007/2/CE di componenti relative a politiche e atti istituzionali[10] in quanto i dati territoriali sono importanti per i legislatori europei poiché consentono la formulazione, l'attuazione e il controllo delle politiche ambientali, considerando i costi e i problemi legati agli impatti ambientali transfrontalieri e ai cambiamenti climatici, con particolare rilievo, per esempio, alla progettazione tecnologiche eco-sostenibili, al controllo sull’inquinamento, alla protezione ambientale e ai cambiamenti climatici. E dunque, per gestire efficacemente gli impatti ambientali, l’Unione Europea ha avuto bisogno di aumentare la quantità di dati territoriali a disposizione, di migliorare il flusso dei dati tra i sistemi e accrescere la condivisione dei dati tra i governi, le agenzie e i cittadini.

La necessità più attualmente impellente[11] è quella di essere in grado di attuare una valutazione integrata di politiche riguardanti diversi settori (per esempio agricoltura, trasporti, economia, energia, sviluppo regionale, ambiente), tutti attinenti all’informazione territoriale, al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile.

Una volta creata la IIT può servire per scopi meno direttamente legati al monitoraggio ambientale e può utilmente fornire la sua base informativa per 34 categorie tematiche (Allegati I, II, e III della Direttiva), fra cui il catasto e la prevenzione dei rischi ambientali.

In Italia esistono alcuni buoni esempi di realizzazioni in linea con i principi di INSPIRE; uno fa riferimento al SIT (Sistema di Informazione Territoriali) della Regione Sardegna completamente sviluppato, come pure la IIT, sugli standard indicati dalla Direttiva e finalizzato alla interoperabilità e sui servizi cooperativi[12]. A livello nazionale è significativo il PCN (Portale Cartografico Nazionale) del Ministero dell'Ambiente e della Protezione Ambientale che consente alla PA (Pubblica Amministrazione) e ai cittadini l'utilizzo della cartografia nazionale. Esso segue un accordo tra il Governo e le Regioni del 12 ottobre 2001. Il PCN contiene le mappe topografiche, le orto-immagini e la cartografia geodetica. Si può accedere alla carte topografiche a scala piccola e media e alle orto-immagini ad alta risoluzione. Si possono altresì consultare gli strati di informazione geografica prodotti in cooperazione con varie amministrazioni come carte del rischio idrogeologico, carte delle aree protette e carte di uso del suolo[13]. Il PCN ha permesso di elaborare specifiche tecniche comuni ai numerosi partner istituzionali e la realizzazione di grandi raccolte di informazioni geografiche. Numerosi servizi sono disponibili in linea all'utenza, come l'accesso ai metadati, la cartografia sul web, l'ordinamento dei dati spaziali. Il PCN garantisce che dati, metadati e sistemi informativi possano essere gestiti al livello in cui sono stati sviluppati mentre l'accesso e' fornito a tutti, dovunque siano. Esiste un piano di estensione sistematica e di aggiornamento del geo-portale che diviene un punto di accesso affidabile e stabile per le raccolte di dati geografici distribuite e armonizzate in Italia[14], [15]. Altra importante realizzazione è rappresentata dal progetto SigmaTer (Servizi Integrati catastali e Geografici per il Monitoraggio Amministrativo del Territorio), che coinvolge numerosi partner (cinque regioni, cinque province, 12 comuni, alcune imprese private; 150 entità per il riuso) che ha inteso fornire informazioni catastali integrate a imprese, enti e privati utilizzando un approccio standard all'interno di piattaforme tecnologiche distribuite e orientate ai servizi[16].

In Spagna il Consejo Superior Geográfico, che fa riferimento al Ministerio de Fomento, è l'entità che cura la implementazione di INSPIRE. Il suo principale scopo consiste nella preparazione dell'IITN, Infraestructura de Datos Espaciales de España, come risulato dell'inclusione sia delle infrastrutture di dati spaziali gestite dalle agenzie ufficiali che forniscono dati spaziali a livello nazionale, regionale e locale sia delle infrastrutture dati tematiche e private.

Lo scopo dell'IITN è l'integrazione, tramite Internet, di dati, metadati, servizi e informazioni geografiche che sono prodotte in Spagna. Allo stesso tempo essa intende fornire facilitazioni a tutti i possibili utenti per la scoperta, la identificazione, la selezione e l'accesso a quei servizi tramite il geoportale che fa riferimento ad altri portali creati dai produttori di informazioni geografiche e servizi relativi[17].

2. Il ruolo delle Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione nella tutela del diritto di accesso all’informazione ambientale

Nell’ordinamento internazionale l’espresso riconoscimento del diritto di acceso del pubblico all’informazione ambientale è avvenuto con la Convenzione ONU/ECE c.d. di Aarhus del 1998[18], a cui la Comunità Europea ha aderito con la Decisione del Consiglio 2005/370/CE del 17 febbraio 2005 e di cui molte disposizioni sono state trasposte nell’ordinamento comunitario attraverso la Direttiva 2003/4/CE. In questa direzione va anche il Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

Molti dei principi sanciti nella Convenzione di Aarhus in tema di accesso all’informazione ambientale e partecipazione attiva dei cittadini ai processi decisionali nel settore ambientale traggono origine da una concezione rinnovata dell’ambiente e dalla consapevolezza diffusa che una efficace tutela ambientale non può constare di politiche di mantenimento dello status quo, ma deve mirare a migliorare le condizioni attuali al fine di garantire ad ogni persona l’esercizio del diritto di «vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere»[19].

La Convenzione di Aarhus ha costituito una svolta importante nelle politiche internazionali di salvaguardia dell’ambiente e rileva in questa sede non solo per la disciplina dettagliata delle forme e delle modalità con cui il diritto di accesso deve essere tutelato (disciplina trasposta sia nell’ordinamento comunitario che in quello italiano), ma soprattutto per il principio che «un più ampio accesso alle informazioni e una maggiore partecipazione ai processi decisionali migliorano la qualità delle decisioni e ne rafforzano l'efficacia, contribuiscono a sensibilizzare il pubblico alle tematiche ambientali e gli consentono di esprimere le sue preoccupazioni, permettendo alle pubbliche autorità di tenerne adeguatamente conto». Si mira «ad accrescere la responsabilità e la trasparenza nel processo decisionale e a rafforzare il sostegno del pubblico alle decisioni in materia ambientale» (principi sanciti nel Riconoscendo di apertura). Tale convenzione è il primo passo di un processo di coinvolgimento del pubblico in dinamiche di interazione orizzontale tra cittadini e autorità pubbliche, i cui presupposti sono la disponibilità e l’accessibilità dell’informazione ambientale, nozione tra l’altro istituita e definita in termini normativi nell’ordinamento internazionale proprio dal testo dell’accordo in esame.

Inoltre, sottoscrivendo e ratificando tale Convenzione, gli Stati aderenti si sono impegnati a garantire la disponibilità e la fruibilità dell’informazione ambientale in formato elettronico. In tal senso l’art. 5, c. 3, che definisce le modalità di raccolta e divulgazione delle informazioni ambientali, prevede che: «Ciascuna Parte assicura la progressiva disponibilità delle informazioni ambientali in banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico attraverso reti pubbliche di telecomunicazioni». Tale norma riveste una notevole importanza: non si fa semplicemente obbligo agli Stati di rendere disponibili i dati, ma si indica il formato elettronico quale modalità con cui i dati dovranno essere archiviati nelle banche dati e si prescrive di assicurare l’accessibilità mediante reti pubbliche di telecomunicazione. Due sono gli aspetti rivoluzionari: gli Stati indicano una tecnologia specifica per il raggiungimento di scopi determinati, selezionando tra le applicazioni disponibili quella più conforme alle finalità stabilite, e l’accesso all’informazione territoriale si configura come pretesa giuridicamente tutelata, rispetto alla quale le autorità pubbliche che detengono i dati hanno l’obbligo di erogare un servizio fruibile in rete. Stando alla lettera del trattato, il dato ambientale dovrebbe progressivamente costituire oggetto di servizi progettati e distribuiti tramite l’uso delle TIC (Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione).

Il testo della Convenzione, già sottoscritto e ratificato da alcuni degli Stati membri della UE, è divenuto formalmente vincolante nell’ordinamento comunitario grazie ad una Decisione del Consiglio del 2005. Tuttavia, dal punto di vista sostanziale le regole contenute nella Convenzione di Aarhus hanno operato in ambito europeo sin dal 2003, poiché trasposte ed ampliate nella Direttiva 2003/4/CE[20] sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale.

La Direttiva 2003/4/CE impone agli Stati membri due obiettivi primari, indicati all’art. 1: «a) garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalla autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio; b) garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale. A tal fine è proposto l’uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili.» Alla luce delle brevi considerazioni sopra svolte, è naturale che le TIC siano indicate quale strumento per assicurare la piena disponibilità e la ampia diffusione dei dati, rappresentando ad oggi il mezzo più economico ed efficiente per elaborare e trasmettere informazioni. Tuttavia, la Direttiva 2003/4/CE aggiunge tre elementi nuovi rispetto al testo dell’accordo di Aarhus:

* amplia la nozione di informazione ambientale, definita dall’art 2. come “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale" che caratterizza ambiente e territorio[21]; tale definizione estende l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina: giunge a ricomprendere gli interventi di politica ambientale effettuati, le relazioni sullo stato di attuazione delle discipline in materia di tutela ambientale e le analisi costi-benefici e altre analisi di tipo economico che possano fungere quali fattori condizionanti scelte di politica ambientale e che di fatto sono implicate in molti procedimenti amministrativi, anche al di fuori del settore della pianificazione ambientale in senso stretto;

* lo standard operativo deve assicurare la consultabilità e la riproducibilità delle informazioni. L’art. 3, par. 4, prevede che «Ai fini del presente paragrafo [obbligo per l’autorità pubblica di mettere a disposizione le informazioni nella forma indicata dal richiedente, salvo eccezioni tassativamente indicate], le autorità pubbliche compiono tutti gli sforzi ragionevoli per mantenere l’informazione ambientale in loro possesso o detenuta per loro conto in forme o formati facilmente riproducibili e consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.» Questo punto è estremamente significativo, poiché sussiste una forte differenza tra disponibilità del dato, consultabilità e riproducibilità: la norma in esame estende l’obbligo delle autorità pubbliche, imponendo loro di garantire che le informazioni siano facilmente fruibili ed estraibili, e simultaneamente amplia i diritti dell’utente, favorendo una diffusione orizzontale delle informazioni ambientali[22];

* prescrive di orientare la organizzazione delle informazioni alla diffusione al pubblico. L’art. 7, par. 1, dispone che: «Gli stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche strutturino l’informazione ambientale rilevante per le loro funzioni o in loro possesso o detenuta per loro conto ai fini di un’attiva e sistematica diffusione al pubblico, in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibili.» Strutturare l’informazione significa realizzare sistemi informativi efficienti dal punto di vista della circolazione interna dei dati e con elevata usabilità, in modo da garantire la diffusione esterna dell’informazione.

L’obbligo di compiere tutti gli sforzi possibili per garantire che le informazioni ambientali siano detenute in formati facilmente riproducibili e consultabili tramite strumenti informatici e quello di rendere disponibili i dati ambientali in banche dati che contribuiscano a rendere agevole l’accesso dei cittadini costituiscono indicazioni rilevanti sulla funzione assegnata alle TIC nel processo di progressiva riorganizzazione del settore pubblico. Le disposizioni esaminate suggeriscono una digitalizzazione del settore pubblico orientata alla realizzazione di valori condivisi, tramite lo sfruttamento delle potenzialità insite nel paradigma delle TIC.

Le norme ora esaminate assumono un ulteriore valore se combinate con il principio che, sin dal 1990[23], ha ispirato la disciplina comunitaria in tale settore: l’informazione ambientale deve essere resa disponibile a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse[24]. Abolito l’esercizio condizionato dell’accesso all’informazione ambientale, che risulta ormai completamente svincolato dalla dichiarazione di un interesse specifico connesso al contenuto dei dati richiesti o di un interesse giuridicamente qualificato, tale diritto ha assunto il carattere della universalità, è cioè una forma di tutela desoggettivata[25]. Ciò determina una inversione del rapporto tra eccezione e regola: con l’entrata in vigore della Direttiva 2003/4/CE, attuata in Italia con il D.Lgs. 195/2005 [26], l’autorità pubblica è tenuta a livello generale a garantire l’accesso all’informazione ambientale, salvo eccezioni tassativamente indicate, e le TIC sono indicate quali strumenti preferenziali per assicurare che al riconoscimento normativo di tale diritto corrisponda una concreta riorganizzazione dei processi informativi e gestionali del settore pubblico.

Per quanto riguarda il diritto di accesso all’informazione territoriale o ambientale, secondo la legge italiana, la protezione del diritto all'informazione ambientale fa parte di un più ampio processo di digitalizzazione della PA che è stato portato avanti tramite diverse regole settoriali che sono state raccolte in modo organico nel c.d. CAD (Codice dell'Amministrazione Digitale), D.lgs. 82/2005 [27]. IL CAD rappresenta il tentativo di trarre vantaggio, in modo razionale delle TIC per la definizione di nuove procedure e per riorganizzare l'attività amministrativa: consiste di regole programmatiche, che hanno lo scopo di effettuare cambiamenti strutturali nell'espressione dell'attività amministrativa e di regole prescrittive che regolano settori specifici. La sezione III del capitolo V regola l'utilizzo dei dati e comprende alcune importanti innovazioni: definisce i dati spaziali, prescrive il Comitato per le regole tecniche sui dati spaziali col compito di determinare le regole tecniche per la creazione di basi dati spaziali e di assicurare la usabilità e lo scambio di dati tra la PA locale e centrale; definisce il Repertorio nazionale dei dati spaziali, che ha lo scopo di fornire accesso pubblico ai dati di interesse generale che sono disponibili alla PA a livello nazionale e include tra i dati spaziali di interesse nazionale il data base catastale, gestito dalla Agenzia del Territorio.

Sebbene tutti questi aspetti siano regolati ora da un'unica legge, vi è una varietà di soluzioni nel sistema amministrativo italiano che riguardano la disponibilità di dati ambientali; in particolare laddove, facendo seguito all'art.6 del D.lgs. 195/2005, si rilevano comportamenti diversi delle varie Amministrazioni in relazione al recupero delle spese affrontate nell'acquisizione e gestione delle informazioni di cui sono titolari.

La legislazione spagnola comprende due testi che riguardano la digitalizzazione della PA: il primo è il Real Decreto 263/1996 sulle TIC nella PA; il secondo è la Legge 11/2007 sull'accesso elettronico ai servizi pubblici da parte dei cittadini. Entrambi intendono promuovere l'uso delle TIC e non fanno espliciti riferimenti alle informazioni ambientali o spaziali. Queste sono prodotte, memorizzate, e gestite dal Ministero dell'Ambiente, dalle Comunità Autonome, molte delle quali hanno propri portali su quei tipi di dati, e dai principali Comuni.

In Spagna l'accesso alla informazione ambientale è regolato dalla Legge 27/2006 sull'accesso all'informazione, partecipazione pubblica e accesso ai dati giudiziari sui temi ambientali che implementa la Direttiva 2003/4/EC e la Direttiva 2003/35/CE. La legge: 1) definisce la informazione ambientale in senso lato; 2) stabilisce il diritto d'accesso all'informazione ambientale detenuto dalle autorità pubbliche senza dover specificare un determinato interesse; 3) stabilisce il dovere per la PA di adottare le misure necessarie per assicurare che l'informazione ambientale sia gradualmente disponibile in basi dati tramite reti telematiche pubbliche, considerando che i doveri che riguardano la disseminazione delle informazioni ambientali tramite le TIC possono essere soddisfatte dalla creazione di collegamenti agli indirizzi elettronici tramite i quali si può accedere a tali informazioni. Infine essa stabilisce che l'Amministrazione fissa i prezzi che dovranno essere pagati per l'accesso, ovvero indichi i casi in cui l'informazione sia gratuita[28].

3. L’importanza dei Sistemi Informativi Territoriali nella normativa inerente la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

La legislazione attinente le disposizioni di carattere generale volte alla digitalizzazione della PA, contengono nello stesso tempo norme per la modernizzazione di settori strategici. La disciplina dell’informazione territoriale è una di queste: si tratta di una innovazione importante nel processo di riorganizzazione dell’assetto amministrativo, processo in cui le TIC possono rivestire, se adeguatamente gestite, un ruolo chiave. In particolare qui si tratta dei SIT (Sistemi Informativi Territoriali, definiti GIS in ambito internazionale per Geographical Information Systems), che possono essere operativamente definiti come sistemi informativi realizzati allo scopo di archiviare, gestire, analizzare e restituire in forma grafica ed alfanumerica dati in un contesto topologico e spaziale: sono dunque specificatamente progettati per l’analisi di dati nello spazio. Le funzioni fondamentali dei SIT sono: raccolta, pretrattamento e trasformazione di dati spaziali multisorgente; mantenimento e reperimento delle informazioni spaziali, con possibilità di modifica e aggiornamento; manipolazione e analisi, aggregazione e disaggregazione dei dati, stima dei parametri, modellizzazione; produzione di rapporti e sintesi di dati.

I SIT presentano alcune peculiarità rispetto ai sistemi informativi tradizionali, poiché i dati territoriali, sono il risultato dell’associazione di informazioni o dati ad elementi geografici: questo comporta che per ognuno di tali elementi geografici si accumulino più informazioni gestite da enti diversi. Questo è uno dei punti cruciali dell’informazione territoriale: essa è simultaneamente oggetto del diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale di cui sopra, essendo il dato territoriale una tipologia di dato ambientale, e strumento strategico per la gestione condivisa di uno stesso territorio da parte di PA diverse. Nell’implementazione dei SIT è necessario considerare tre ordini di esigenze: semplificazione e trasparenza della PA cioè modernizzazione dell’organizzazione complessiva, snellimento dei procedimenti, controllabilità democratica delle decisioni e dei risultati; accessibilità all’informazione territoriale detenuta da un’autorità pubblica e partecipazione della collettività a politiche pubbliche di sviluppo e tutela del territorio; promozione di attività collaborative tra enti operanti sullo stesso territorio, sia nella attuazione di politiche di intervento, sia nella implementazione dei SIT (integrazione dei dati, interscambio e interoperabilità tra sistemi).

I dati georeferenziati costituiscono un patrimonio importante sia rispetto alle attività di pianificazione e governo del territorio e della fiscalità, sia rispetto alla tutela del diritto dei cittadini di accedere all’informazione ambientale per poter adottare comportamenti collaborativi, partecipare alle decisioni in materia ambientale, controllare i risultati dell’attività amministrativa. Affinché questi dati possano fungere da patrimonio comune sia tra cittadini e autorità pubbliche sia tra PA occorre che la realizzazione dei SIT sia mirata alla condivisione dell’informazione, che dal punto di vista informatico coincide con l’integrazione dei dati, l’interoperabilità dei sistemi e il riutilizzo dell’informazione. É necessario quindi:

* consolidare la realizzazione di banche dati integrate come banche dati con un insieme di servizi infrastrutturali che consentono l’interscambio e l’integrazione, per esempio dei dati del Catasto con i dati topografici regionali. Una banca dati territoriale integrata a livello regionale è formata da vari strati sovrapposti, ovvero rappresentati nello stesso sistema di coordinate. Tramite tali tipologie di banche dati è possibile gestire unitariamente i dati territoriali, ottenendo simultaneamente maggiori reperibilità e consultabilità dei dati, condivisione effettiva delle informazioni e definizione di standard omogenei per la gestione del patrimonio informativo;

* mirare alla interoperabilità dei SIT, che è condizione necessaria della cooperazione tra amministrazioni che insistono ed operano su un medesimo territorio, e definire modelli operativi comuni per evitare la ridondanza delle informazioni;

* realizzare un sistema organico di regole sul riutilizzo dell’informazione pubblica nel settore privato, dando piena esecuzione alla Direttiva 2003/98/CE e al D. lgs. di attuazione n. 36 del 2004[29]. Il riutilizzo, così come definito dalla Direttiva, consiste nell’«uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti. Lo scambio di documenti tra enti pubblici esclusivamente in adempimento dei loro compiti di servizio pubblico non costituisce riutilizzo.» (art. 2).

4. Su alcune categorie tematiche di INSPIRE

Si intende qui fare riferimento a due categorie tematiche, elencate negli Allegati I e III della Direttiva 2007/2/CE: «parcelle catastali», definite nel Allegato I.6 di INSPIRE come «Aree definite dai registri catastali o equivalenti»; e «zone a rischio naturale», cui si fa riferimento nell'Allegato III.12 della Direttiva, come «Zone sensibili caratterizzate in base ai rischi naturali (cioè tutti i fenomeni atmosferici, idrologici, sismici, vulcanici e gli incendi che, per l’ubicazione, la gravità e la frequenza, possono avere un grave impatto sulla società), ad esempio inondazioni, slavine e subsidenze, valanghe, incendi di boschi/foreste, terremoti, eruzioni vulcaniche».

La scelta delle due categorie è derivata dalla natura di riferimento basilare per le parcelle catastali[30] nella gestione del territorio e dalla importanza crescente che le zone a rischio rivestono per le comunità, anche in seguito ai disastrosi effetti del terremoto a L’Aquila e zone circostanti[31].

4.1. Parcelle catastali

Il Catasto viene visto dai piani di e-government come un sistema informativo geografico specializzato nei dati fiscali immobiliari a tutti gli effetti, estremamente importante sia per i cittadini sia per la PA. La prospettiva è la sua integrazione nel contesto più generale dei SIG della PA, dando enfasi all’usabilità per gli utenti finali, con altri sistemi informativi geografici, tramite azioni e definizione di intese specifiche. Gli accordi che si stipulano sono finalizzati al miglioramento dell’interoperabilità geografica: per definirli sono stati promossi coordinamenti tra Regioni, la Province, Comuni, Aziende di servizi e altri partner pubblici e privati che hanno propri interessi a costruire basi dati geografiche aggiornate e condivise, strumenti per la gestione e diffusione dei dati geografici.

Le informazioni catastali costituiscono una componente importante della IIT europea come definita nella Direttiva 2007/2/CE: la parcella catastale è di importanza basilare per tale infrastruttura, costituendo il riferimento di dati cruciale per l'interoperabilità delle informazioni territoriali; in alcuni Stati membri le informazioni catastali rappresentano il collegamento tra le informazioni del dominio legale, come le restrizioni pubbliche e i gravami privati, e altre informazioni come, per esempio, l'utilizzo del terreno, le valutazioni, le informazioni sulla zonizzazione[32], mentre in altri Stati queste informazioni sono in parte fornite dal Registro dei beni immobiliari[33]. Pertanto occorre tener conto del ruolo rilevante che il Registro dei beni immobiliari, naturalmente negli Stati dove esiste ed è organizzato su una base reale, come analogamente occorre avere consapevolezza che di fatto esso registra anche informazioni territoriali, funzione che non viene considerata[34] nell'Allegato I della Direttiva 2007/2/CE[35]..

Più precisamente il Catasto e il Registro dei beni immobiliari hanno mandati diversi, operano su modelli economici diversi, e hanno anche livelli di sviluppo tecnologico e organizzativo differenti: il Catasto è un sistema informativo applicato a dati territoriali che memorizza parcelle di territorio. Esso comprende, tra le altre, informazioni giuridiche, fiscali e territoriali[36]. Il Registro dei beni immobiliari raccoglie informazioni sui diritti di beni immobili come proprietà, servitù e ipoteche[37]. Il Catasto e il Registro dei beni immobiliari sono organizzati in maniera diversa nei vari Stati europei. La tendenza in atto è che essi siano gestiti dalla stessa amministrazione che utilizza archivi di dati variamente connessi (per esempio in Italia sia il Catasto che il Registro dei beni immobiliari sono strutture della Agenzia del Territorio), anche se vari Stati, tra cui la Spagna[38], presentano organizzazioni e archivi separati per i due tipi di informazioni sulla proprietà dei beni immobiliari. Certamente entrambi forniscono informazioni territoriali.

La creazione di IIT a livello locale, nazionale e sopranazionale fornisce accesso distribuito a informazioni sulla proprietà e livelli cartografici che sono necessari dagli utilizzatori di dati territoriali che si occupano di ambiente, abitazioni, trasporti, cultura, agricoltura, turismo. Il Catasto e il Registro dei beni immobiliari accrescono il loro importante ruolo di fornire informazioni autorevoli e affidabili sulla proprietà ai cittadini in relazione alla titolarità dei diritti, per quanto riguarda il Registro dei beni immobiliari, e ad altre amministrazioni del settore pubblico, per quanto riguarda il Catasto. Un sistema catastale e di pubblicità della proprietà immobiliare che funzioni in maniera efficiente rappresenta la spina dorsale dell'amministrazione del territorio, e sostiene molte attività amministrative ed economiche[39] sul territorio. L'integrazione nelle IIT, principalmente dotate di informazioni geografiche, di dati sugli immobili, come quella di dati cartografici e indirizzi urbani, fornisce efficaci strumenti agli utenti per l'accesso a informazioni sulla proprietà, valore e uso[40].

4.2. Zone a rischio naturale

A livello mondiale si constata una crescita significativa dei danni prodotti dai fenomeni naturali negli ultimi decenni. Esistono diverse ragioni che vanno considerate come cause, fra cui il cambiamento climatico e, per quanto riguarda questo articolo, la concentrazione della popolazione, infrastrutture e beni in luoghi privilegiati da un punto di vista economico o ludico, ma con esistenza di rischio di inondazione, terremoti e altri catastrofi naturali.

In generale si riconosce che per mitigare i rischi e le sue conseguenze è necessario migliorare la comprensione dei processi fisici vincolati a quelli rischi naturali e identificare e valutare i diversi rischi che possono colpire un territorio; queste attività possono materializzarsi nella elaborazione, aggiornamento e diffusione di una cartografia sui rischi naturali, che consentano di identificare le aree geografiche suscettibili di subire questi tipi di danni[41]. Su questo punto si deve dire che l’Allegato III.12 di INSPIRE fa riferimento, fra le categorie tematiche di dati territoriali, alle zone a rischio naturale, che sono di rilevante importanza nell’ambito della pianificazione ambientale, di prevenzioni delle catastrofi naturali e di protezione civile, ma anche e, soprattutto se si pensa all’aspetto della prevenzione, quando si redigono e variano i piani regolatori. Ma anche se tutti i paesi europei dispongono già di set di dati geografici grazie alla diffusione dei GIS, che ha favorito la produzione autonoma di dati - e, da qui, la potenziale nascita di set di informazione disomogenee e duplicati -, il problema è renderli confrontabili[42] perché: esiste una gran diversità di formatti per la informazione geografica; i dati sono incompleti; i sistemi di riferimento non sono stati armonizzati; le fonti dei dati non sono consistenti; le scale non sono compatibili; i dati non sono interoperabili fra di loro[43]. Queste difficoltà diventano ancora più pesanti nei paesi che, come Spagna e Italia, sono fortemente decentralizzati e dove si realizzano i dati territoriale a livello locale, regionale e nazionale; e poi specialmente con riguardo a dati come quelli che fanno riferimento alle zone a rischio naturale, dove sono diversi gli organismi ed enti implicati.[44]. Proprio su questo punto sarebbe di grande aiuto la IIT che INSPIRE intende istituire, basata sulle IIT già presenti negli Stati membri, che devono essere compatibili e utilizzabili in un contesto comunitario e transfrontaliero (Considerando 5 della Direttiva); quello vuole dire che devono essere omogenee nel contesto nazionale. Purtroppo i dati sulle zone a rischio naturali sono stati inclusi nell’Allegato III di INSPIRE, ed esso significa che la informazione su questo tema non è stata considerata urgente, come risulta, per esempio, del fatto che le loro regole di implementazione (Implementing Rules) devono essere disponibili entro il 3 dicembre 2013, mentre che quelle che riguardano i dati territoriali elencati negli allegati I e II devono essere disponibili entro il 3 dicembre 2010[45].

Per quanto riguarda la Spagna, il Ministero dell’Ambiente è competente per la definizione dei rischi naturali, mentre le competenze sulla prevenzione dei rischi sono della Direzione generale della Protezione civile (che dipende del Ministero dell'Interno), che gestisce il portale web Inforiesgos[46]; al portale partecipano, fra altri, il Ministero dell’ambiente, quello della PA, l’Istituto Geografico Nazionale, la Agenzia statale per la meteorologia, l’IGME, l’Istituto Spagnolo per la Oceanografia[47].

In pratica esiste un'abbondante cartografia dei rischi naturali realizzata in modo frammentario e senza una copertura legale simile a quella che vige, per esempio, in Francia[48]; inoltre molte mappe non sono ancora accessibili online, anche se tale disponibilità è tra gli obiettivi di PRIGEO (Piano di Cartografia dei Rischi Geologici), approvato dall'IGME nel 2005 allo scopo di creare un'infrastruttura di conoscenza sulla pericolosità geologica del territorio spagnolo, utile per la gestione e la pianificazione territoriale[49]. Tra la cartografia che accessibile online si possono citare: la IIT di Cataluña[50]; le mappe di sismicità fornite dall’Istituto Geografico Nazionale[51] (del 2003); le mappe di rischi per espansione di argille realizzate dal IGME nel 1987 e digitalizzate nel 2003, che sono accessibile a richiesta del utente[52]; il piano dei rischi di inondazioni a Tenerife, realizzata dal Consiglio insulare dell’Acqua[53] dal 2005. Tuttavia le decine di fonti di informazione su questo tema specifico, in molti casi non in formato elettronico, rendono impossibile una reale interoperabilità.

Qualche passo avanti sulla omogeneità della informazione relativa ai rischi naturali è stato effettuato dal punto di vista legale: da una parte, il Real Decreto 1545/2007, che regola il sistema cartografico nazionale, considera cartografia tematica ufficiale la «cartografía de riesgos y emergencias», definita come «quella che identifica le aree geografiche suscettibile di subire danni catastrofici in caso di rischi naturali, tecnologici o di altri tipi sulle persone o i loro beni» (art. 5.7.k), e nell’art. 2.2.a afferma che il Sistema Cartografico Nazionale deve garantire la omogeneità dell’informazione realizzata per la molteplicità di organismi pubblici che fanno parte di esso e che in modo concorrente svolgono attività cartografiche nel territorio nazionale, allo scopo di assicurare la loro coerenza, continuità e interoperabilità. D'altra parte, la Legge 8/2007, del suolo (che nel 2008 è stata inglobata nel Real Decreto 2/2008), applicabile a tutto il Paese, ha sancito che i piani regolatori devono essere corredati dal piano di rischi naturali[54]: questo significa che l’informazione sui rischi dovrà essere a disposizione di coloro che elaborano le mappe in formati che siano coerenti ed interoperabili e a questo scopo l’implementazione della Direttiva INSPIRE sarà di grande aiuto.

Per quanto riguarda l'Italia, il recepimento della Direttiva nella legislazione nazionale è stata in capo al Ministero dell'Ambiente e gli attori principali per l’istituzione della IIT sono gli organi cartografici dello Stato e tutti gli enti che gestiscono informazioni geografiche a scala nazionale e locale[55]. A livello nazionale, l’informazione geografica è curata da organismi cartografici dello Stato come: Istituto Geografico Militare; Istituto Idrografico della Marina; Centro Informazioni Geotopografiche, Aeronautiche e Civili; Agenzia del Territorio e Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici, ex Servizio Geologico Nazionale[56]. Inoltre tutte le Regioni e altri Ministeri (per esempio il Ministero per l'Ambiente e il Ministero per l’Innovazione e la Tecnologia) hanno oggi responsabilità istituzionali nella produzione di informazione territoriali e ambientali[57]; in Italia esiste una pluralità di norme che attribuiscono competenze e funzioni, tanto di amministrazione attiva che di indirizzo e coordinamento a livelli differenti, nazionali e locali, spesso in assenza di una logica unitaria che garantisca convenienza ed efficienza, rendendo difficoltosa se non impossibile una circolazione e di conseguenza una condivisione delle informazioni ambientali e territoriali[58].

Questa coesistenza di gran varietà di enti e regole che ordinano la produzione di informazione territoriale si apprezza chiaramente nel settore della informazione sui rischi naturali. In Italia è disponibile online una vasta cartografia di zone a rischio naturale, elaborata da enti diversi, spesso utilizzando scale e sistemi di riferimento dissimili.

Un esempio è quello della ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente) del Piemonte che negli ultimi anni ha avviato il progetto di realizzazione di un sistema di diffusione in rete delle informazioni ambientali georeferenziate attraverso servizi informativi di tipo web, in particolare appunto per le zone a rischio naturale, finalizzato a garantire un processo di comunicazione e condivisione del patrimonio informativo sia con gli altri enti della PA sia con il pubblico[59].

Più specificamente, sul rischio sismico e il rischio vulcanico, è da sottolineare il lavoro sviluppato dall'INGV (Istituto Nazionale per la Geofisica e la Vulcanologia)[60], costituito nel 1999 per il monitoraggio dei fenomeni geofisici[61], che ha elaborato mappe sul rischio sismico; ad esempio, nel 2008 è stata pubblicata la carta sulla sismicità 2000-2007[62], accessibile tramite Kharita[63], che è il nuovo portale destinato alla divulgazione e alla diffusione di dati cartografici di base e digitali online del Centro Nazionale Terremoti. In particolare, dal 1998 la legislazione italiana ha assegnato alle Regioni la competenza di zonazione sismica; sono così scaturiti accordi tra le Regioni e istituti di ricerca per l'analisi della sismicità regionale ai fini dell'individuazione di classi di comuni con situazione omogenee di rischio[64].

Per quanto riguarda la cartografia del rischio d' incendio boschivo dei parchi nazionale è accessibile tramite il PCN[65], amministrato dal Ministero dell’Ambiente; per il rischio idrogeologico (frane e inondazioni), le mappe sono state realizzate dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR[66].

L'adozione del CAD dal 2005 ha portato a una normativa di efficienza e trasparenza, e rappresenta un intervento importante, poiché si tratta di uno strumento programmaticamente rivolto ad allestire un complesso di norme tra loro strutturate e tendenzialmente tese a disciplinare in modo organico e generale l’utilizzo delle TIC da parte della PA, tanto al loro interno, quanto nei loro rapporti con cittadini e imprese. Superata la stagione delle discipline di settore che regolamentavano l’informatizzazione di specifici comparti del settore pubblico, il CAD contribuisce allo sviluppo di strategie condivise per ottimizzare la gestione e lo sviluppo delle TIC. Grazie al CAD e all'implementazione dei metadati elencati in INSPIRE e all'applicazione dei principi INSPIRE, si può prevedere dunque che il settore riceverà un impulso a rendere l'informazione sulle zone a rischio naturale meno dispersa e più omogenea rispetto allo situazione attuale rapidamente illustrata negli esempi citati.

Questo lavoro si inserisce nell'ambito del progetto triennale 2009-2011 "El Registro de la propiedad como instrumento vertebrador de la información territorial: datos, metadatos espaciales y Directiva Inspire (DER2008-02962/JURI)" del Ministerio de Ciencia e Innovación della Spagna.

___________________

[1] Vedi: The Sixth Environmental Action Programme.

[2] C. Maioli, E. Sánchez Jordán, “A comparative Italian-Spanish analysis of spatial information and right of access”, Proceedings ICTTA 3rd International Conference on Information and Communication Technologies: from Theory to Applications, IEEE, 2008.

[3] La Conferenza delle Regioni il 17 dicembre 2009 ha predisposto un parere, molto critico con il D. Lgs. del Governo, in particolare lamentando che esso è stato assunto “senza alcun confronto preliminare con le Regioni, ...e non appare in sintonia con lo spirito e il dettame della Direttiva che prevede l’applicazione del principio di sussidiarietà attraverso accordi tra i diversi livelli di governo”

[4] I dati territoriali sono le informazioni che fanno riferimento, data una zona geograficamente determinata, a qualunque cartografia, definita in termini di estensione, scala, contenuto e scopo; le informazioni sono qualificate da attributi di approfondimento (per esempio: date di rilievo e di rappresentazione, caratteristiche geodetiche) e di taglio cartografico di realizzazione della carta. I dato territoriali sono definiti come «i dati che attengono, direttamente o indirettamente, a una località o un'area geografica specifica» (art. 3.2 Direttiva INSPIRE).

[5] C. Maioli, C. Ortolani, “Sui profili giuridici della gestione dell'informazione territoriale della Pubblica Amministrazione”, Altalex, 8 novembre 2007, pp. 1-30.

[6] DPLI Working Group, “Data Policy and Legal Issues Position Paper”, Environment Agency for England and Wales.

[7] In questo senso si veda http://publicgeodata.org dove si sostiene che l'iniziativa INSPIRE attribuisce molta enfasi ai diritti di proprietà intellettuale inducendo così le agenzie pubbliche a non condividere i dati. Si precisa tuttavia che i fornitori hanno lamentato la difficoltà a coprire le spese dei dati originali che essi producono e quindi sono orientati a richiedere pagamenti a chi fruisca dei dati. In particolare, il problema è stato sollevato dall' Ordnance Survey inglese. Si veda pag. 19 del rapporto.

[8] Di norma individuate come «National Spatial Data Infrastructure (NSDI)».

[9] P.Y. Georgiadou, S.K. Puri, S. Sahay, “Towards a potential research agenda to guide the implementation of spatial data infrastructures : a case study from India”, IJGIS, 19, n. 10, 2005, pp. 1113-1130.

[10] M. Salvemini, “Infrastrutture di dati territoriali dal livello locale a quello europeo”, AMFM 2007.

[11] M. Salvemini, “Informazione Geografica e tecnologia GIS. Stato dell'arte e prospettive di sviluppo”, AMFM 2008.

[12] Vedi: http://www.sardegnaterritorio.it.

[13] Vedi: http://www.pcn.minambiente.it/PCN/.

[14] D. Vandenbroucke, P. Beusen, “Spatial Data structure in Italy: state of play Autumn 2006”, K.U. Leuven R&D, 2006.

[15]Infrastrutture di Dati Territoriali: Teoria e pratica dopo l'approvazione della Direttiva INSPIRE”, AMFM Conference Proceedings, 19 Settembre 2007.

[16] Vedi: http://www.sigmater.it.

[17] Vedi: http://www.idee.es.

[18] Convenzione ONU/ECE del 25.06.1998 (c.d. Convenzione di Aarhus) sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale. Il diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale era stato riconosciuto nell’ordinamento comunitario con la Direttiva 90/313/CEE del Consiglio. La Convenzione di Aarhus amplia tuttavia la definizione di informazione ambientale.

[19] Dal preambolo della Convenzione di Aarhus, disponibile in lingua italiana a questo indirizzo.

[20] Direttiva 2003/4/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (abroga la Direttiva 90/313/CE del Consiglio).

[21] Precisamente: «a) lo stato degli elementi quali l’ambiente, l’aria, l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; b) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati alla lettera a); c) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui alle lettere a) e b), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi; d) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; e) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell'ambito delle misure e delle attività di cui alla lettera c); f) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c) ».

[22] Sussistono limiti tassativamente indicati dalla Direttiva 2003/4/CE al diritto di accesso all’informazione ambientale. Sul piano concreto esistono forti disomogeneità tra le amministrazioni pubbliche riguardo alla riproducibilità dei dati territoriali: il diritto di accesso conosce in Italia e in Europa diversi gradi di tutela a cui corrispondono altrettanti modelli organizzativi.

[23] Cfr. Direttiva 90/313/CEE del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, attuata in Italia dal D. lgs. del 24 febbraio 1997, n. 39, “Attuazione delle Direttiva 90/313/CE concernente la libertà di accesso alle in formazioni in materia di ambiente.”

[24] Cfr. art. 3, c. 1 della Direttiva 2003/4/CE, che dispone: «Gli Stati membri provvedono affinchè le autorità pubbliche siano tenute, si sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

[25] Si tratta, dunque, di una tutela che è stata opportunamente definita «desoggettivata» in quanto, «da un parte, non limita, […] la titolarità del diritto a qualunque cittadino, recependo invece il peculiare carattere di diffusività spaziale e temporale del diritto dell’ambiente come diritto della persona umana; dall’altra, non impone al richiedente di allegare uno specifico interesse all’acquisizione delle informazioni richieste, ritenendo evidentemente che esso sia in re ipsa proprio perché ogni persona è titolare del diritto all’ambiente.». V. Fox, “Note a margine di Consiglio di Stato”, Il diritto all’informazione ambientale, Sezione V, n. 816, 14 febbraio 2003.

[26] Il diritto all’ l’informazione ambientale nell’ordinamento italiano ha vissuto un’evoluzione legislativa segmentabile in tre fasi: la legge 8 luglio 1986, n. 349, che riconosceva il diritto di accesso alle informazioni ambientali (seppure in un’accezione minima), il D. lgs. 39 del 1997, attuativo, a sette anni di distanza, della Direttiva 90/313/CE e il D. lgs. del 19 agosto 2005, n. 195, “Attuazione della Direttiva 2004/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale”. Il diritto di accesso all’informazione ambientale è stato riconosciuto dall’art. 14, comma 3, della legge 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del Ministero dell’ambiente, che disponeva che «Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione e può ottenerne copia previo rimborso delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell’amministrazione interessata». All’inciso «in conformità delle leggi vigenti» furono date due interpretazioni contrastanti dalla dottrina: una innovativa, che sosteneva che la norma in esame avesse riconosciuto al cittadino un diritto soggettivo incondizionato e che l’inciso autorizzava la PA a negare l’accesso all’informazione solo nei casi previsti dalla legge, e l’altra più cauta, che qualificava la norma come programmatica e attribuiva al cittadino il diritto di accesso nei soli casi indicati dalla legge. In seguito all’adozione della direttiva 90/313/CE, successivamente abrogata dalla Direttiva 2003/4/CE, è stato emanato il D. lgs. 39 del 1997 in cui il diritto di accesso alle informazioni ambientali era riconosciuto a chiunque ne facesse richiesta (pubblico non selezionato), ma che recava una definizione di “informazione ambientale” molto più ristretta di quella che è ad oggi in vigore nell’ordinamento interno (cfr. art. 2 del D. lgs. 195 del 2005).

[27] Aggiornato con le modifiche introdotte dal D. lgs. del 4 aprile 2006, n. 159. recante disposizioni integrative e correttive. Molte sono le novità, soprattutto a livello di sistema e di riconoscimento del ruolo delle TIC, introdotte dal CAD; la più rilevante ai fini di questo lavoro è costituita dall’attenzione che il legislatore ha riservato alla disciplina dei dati territoriali, inserita nel Capo V intitolato “Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete”.

[28] B. Lozano Cutanda, Derecho ambiental administrativo, 8 ed., Dykinson, Madrid, 2007, pp. 214-238.

[29] D. lgs. del 24 gennaio 2004, n. 36, “Attuazione delle Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico”.

[30] Su questo tema è stato approvato dal Ministerio de Ciencia e Innovación della Spagna il progetto (2009-2011) dal titolo “El Registro de la propiedad como instrumento vertebrador de la información territorial: datos, metadatos espaciales y Directiva Inspire (DER2008-02962/JURI) ” cui partecipano gli autori di questo articolo.

[31] La comunità dei giuristi informatici italiana si è raccolta a Pescara il 19 e 20 giugno 2009 per il convegno scientifico “Exploring Cyberspace Law. Giuristi informatici italiani per l’Abruzzo” di supporto e testimonianza.

[32] Eurogeographics, “Cadastre and Land Registration in Europe 2012, 2007, pag. 4.

[33] Un esempio spagnolo è il progetto Geo-Base, sviluppato dal Registro dei beni immobiliari spagnolo il cui scopo è, tramite un sofisticato uso delle TIC, di identificare o tradurre in modo grafico la descrizione narrativa di un fondo iscritto al Registro dei beni immobiliari, e di aggiungere ulteriori informazioni al Registro. J. Requejo Liberal, Descripción geográfica de las fincas en el Registro de la Propiedad (Geo-Base), Lex-Nova, Valladolid, 2007, pp. 29 e segg.

[34] Nella Direttiva 2007/2/CE non esiste un riferimento esplicito al «Registro dei beni immobiliari».

[35] Ó. Vázquez Asenjo, “Correspondencia registral de algunos conceptos básicos de la Directiva Inspire”, Revista Aranzadi de derecho y nuevas tecnologías, n. 18, 2008, pagg. 35-56, sostiene che la citazione contenuta nel punto 5 dell’Annesso 1 (Indirizzi) al numero civico (che è tradotta come numero de la finca nella versione spagnola della Direttiva 2007/2/CE) consente di comprendere che si sta facendo riferimento all'unità di base del Registro dei beni immobiliari. Da cui seguirebbe che l’unità di base del Registro potrebbe essere inclusa nel geoportale INSPIRE al momento della creazione del metadato corrispondente.

[36] C. Cannafoglia, A. De Luca, F. Molinari, G.F. Novelli, Catasto e pubblicità immobiliare, Maggioli, 1998, nelle pagine 44 e seguenti contiene utili informazioni sul concetto di Catasto e la sua storia.

[37] I registri immobiliari danno pubblicità ai fatti costitutivi, traslativi ed estintivi della proprietà e degli altri diritti reali su beni immobili (F. Galgano, Diritto Civile e Commerciale, vol. IV, 4. ed., CEDAM, Padova, 2004, p. 285).

[38] Ó. Vázquez Asenjo, “Concordancia entre el Registro de la Propiedad y la realidad (Relaciones entre el Registro y el Catastro) ”, Boletín del Colegio de Registradores, n. 109, 2004, pp. 3.343 e segg., illustra le differenze tra tali uffici.

[39] «Economiche» nel senso che il Registro dei beni immobiliari può servire a incrementare la circolazione della ricchezza in un territorio.

[40] Eurogeographics, cit., pagg. 4 e 5.

[41] J.L. González García, “Situación actual de los riesgos naturales en la planificación del territorio”, in J.L. González García (a cura), Mapas de riesgos naturales en la ordenación territorial y urbanística, Ilustre Colegio Oficial de Geólogos, Madrid, 2009, p. 14.

[42] E. Valpreda, “Certificazione e condivisione del dato ambientale: il modello italiano nella globalizzazione”, Ambiente territorio : cultura dell'ambiente e scienza del territorio, 2(4), 2008, pp. 36-43.

[43] R. Vallejo Bombín, “La iniciativa INSPIRE y la política medioambiental. Aplicaciones”, Jornada Técnica sobre la iniciativa INSPIRE y el desarrollo de la Infraestructura de Datos Espaciales en España y su aplicación a la protección civil, Madrid, 24 e 25 gennaio 2006.

[44] Sebbene in Spagna sia stata elaborata una ricca e rigorosa cartografia dei rischi da parte da organismi ed enti specializzati, come l'IGME (Instituto Geológico y Minero de España), le Confederaciones Hidrográficas e le Agenzie dell'Acqua (enti che hanno le competenze per pianificare tutto quello che riguarda l'acqua e i fiumi), l'Istituto Geografico Nazionale, la Agenzia statale per la meteorologia, il Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica, essa risulta frammentaria, con scale diverse e non omogenee, e senza un inquadramento normativo appropriato che la vincoli alla pianificazione territoriale e urbanistica (Conclusioni del gruppo di lavoro sulle mappe di rischi naturali nella pianificazione territoriale e urbanistica, in J.L. González García (a cura), Mapas de riesgos naturales en la ordenación territorial y urbanística, Ilustre Colegio Oficial de Geólogos, Madrid, 2009, pp. 93 y 94).

[45] INSPIRE Roadmap: http://inspire.jrc.ec.europa.eu/index.cfm/pageid/44.

[46] Vedi: http://www.inforiesgos.es/es/index.html.

[47] È stata suggerita la possibilità di diffondere la cartografia sui rischi naturali - quando sia realizzata - su questo sito web (Conclusioni del gruppo di lavoro sulle mappe di rischi naturali nella pianificazione territoriale e urbanistica, in J.L. González García (a cura), cit., p. 96).

[48] La legge Barnier sulla protezione del ambiente è stata emanata il 2 febbraio 1995 fissa il dovere di stabilire criteri e obbligazioni quando si regola l’uso del suolo e stabilisce che si devono realizzare i piani per la prevenzione dei rischi prevedibili: «plans de prévention des risques naturels previsibles», distinguendo tre zone di uso del suolo.

[49] M. Llorente Isidro et alii, “La peligrosidad de avenidas torrenciales e inundaciones en PRIGEO”, Galindo Jiménez, I., Laín Huerta, L., Llorente Isidro, M. (eds.), El estudio y la gestión de los riesgos geológicos, Publicaciones del Instituto Geologico y Minero de Espana, Serie: Medio Ambiente, Riesgos Geologicos, n. 12, Capitulo 1, Madrid, 2008, p. 13.

[50] Si veda la IIT di Cataluña, denominata IDEC.

[51] Vedi: http://www.ign.es/ign/es/IGN/SisMapasSismicos.jsp.

[52] Vedi questo link.

[53] Vedi: http://www.aguastenerife.org/ in Novedades e poi Plan de Defensa Frente a Avenidas.

[54] Nell’art. 15.

[55] Gi&gis in Italia: “Qualche domanda su Inspire in Italia”, gennaio 2008.

[56] E. Valpreda, cit., pp. 36-43.

[57] A. Sau, Organi cartografici dello Stato, Istituzioni Pubbliche centrali e periferiche per l’informazione territoriale ed ambientale. Riassetto delle competenze e rapporto con il mercato. Università IUAV, Venezia, maggio 2007.

[58] A. Sau, “Il regime giuridico dell’informazione ambientale e territoriale”, Master in pianificazione territoriale, IUAV, Venezia, 2008.

[59] Il sistema, denominato «Sistema Informativo Geografico Online», è andato nel tempo crescendo parallelamente al processo di arricchimento e aggiornamento delle basi dati geografiche acquisite fino a strutturarsi in una sezione pubblica su canale Internet. Si veda il sito http://gisweb.arpa.piemonte.it/arpagis e l'articolo N. Negro, B. Cagnazzi, P. Magosso, “RSA 2007, Lo stato delle componenti ambientali , Rischi naturali”, Arpa Piemonte, 2007, pag. 259.

[60] Vedi: http://portale.ingv.it/l-ingv.

[61] L’INGV opera in stretto contatto con il Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR) e ha legami privilegiati con il Dipartimento della Protezione Civile e con le altre autorità preposte alla gestione delle emergenze, sia a scala nazionale che a scala locale. Coopera inoltre con i Ministeri dell'Ambiente, della Pubblica Istruzione, della Difesa e degli Affari Esteri nel quadro di progetti strategici nazionali e internazionali.

[62] Vedi questo link.

[63] Dall'arabo خريطه, mappa o carta geografica.

[64] G. Catalano et alii, “Un esempio di zonazione sismica: la nuova mappa sismica della Regione Lazio”, in Energia, Ambiente e Innovazione, n. 5-6, 2009, ENEA, Roma, pagg. 57-65.

[65] Cartografia Antincendio Boschivo dei parchi nazionali, disponibile a questo link.

[66] Vedi: http://sicimaps.irpi.cnr.it/.

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