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Beni comuni in condominio: qualifica, gestione e disciplina

Differenza tra ''modifica'' e ''innovazione'', pattuizione per l’uso esclusivo, lavori sulle parti comuni e tabelle millesimali

Nel contesto della proprietà condominiale, la gestione e la disciplina dei beni comuni rappresentano temi centrali suscettibili di generare dibattiti e controversie. La qualifica, la gestione e la corretta disciplina di tali beni sono fondamentali per garantire il corretto funzionamento della comunità condominiale e la tutela degli interessi dei singoli proprietari.

Questo articolo si propone di esplorare approfonditamente il concetto di beni comuni in condominio, analizzando la loro natura giuridica, le modalità di gestione e le normative applicabili, al fine di fornire una panoramica su un tema di rilevanza pratica per tutti i condomini e gli operatori del settore.

Sommario:

  1. Premessa
  2. La qualifica di bene comune
  3. Differenza tra “modifica” ed “innovazione”
  4. Si può pattuire l’uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale?
  5. Lavori sulle parti comuni
  6. I diritti e doveri sulle parti comuni e le tabelle millesimali
  7. Conclusioni
Immobili & Proprietà, di Magliulo Federico, Monegat Mariagrazia, Ed. IPSOA, Periodico. Guida all'amministrazione e alla gestione degli immobili - Condominio, Locazione, Compravendita, Rapporti con la PA, mercato immobiliare, Fisco.
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1. Premessa

Oramai lo sappiamo, quando si parla di condominio si fa riferimento a quella situazione in cui – all’interno di un edificio – coesistono unità immobiliari di proprietà esclusiva e parti comuni che sono strutturalmente e funzionalmente collegate alle prime.

Ecco spiegata la ragione per la quale il condominio non solo viene definito anche come “comunione forzosa”, ma gli viene dedicata dal legislatore una disciplina specifica ossia quella prevista dalle norme comprese tra l’articolo 1117 e l’articolo 1138 del codice civile.

Rimane comunque fermo, in forza del disposto dell’articolo 1139 codice civile, il rinvio alla disciplina prevista in tema di comunione generale per quanto non viene espressamente previsto da quella speciale.

Di questo ne parleremo a breve, prima ci soffermiamo sulla:

  • qualifica di “bene comune”;
  • gestione del bene comune.

2. La qualifica di bene comune

L’articolo del codice civile che fornisce un elenco di beni comuni (ma non una sua definizione) è l’articolo 1117 che, seppur in modo non tassativo, li individua nei beni cd strutturali del condominio, nelle così dette aree o locali finalizzati allo svolgimento di servizi in comuni e in quelli di cui viene fatto un uso comune.

Nella prima categoria possiamo ricordare, ad esempio, il suolo, le fondamente, il tetto, il lastrico solare e i muri maestri.

Nella seconda il parcheggio, la portineria e la lavanderia.

Nella terza l’impianto di riscaldamento, quello idraulico, fognario e l’ascensore.

Attenzione però che spesso il problema nella vita reale si pone in relazione all’uso che i condomini fanno dei beni comuni.

Ecco perché a questo punto è interessante capire se ogni condomino di questi beni può fare l’uso che meglio ritiene o deve comunque soggiacere a delle regole.

Una risposta al quesito viene fornito dallo stesso legislatore nell’articolo 1102 codice civile che stabilisce “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.

Ecco perché il Tribunale di Brescia con sentenza del 13 maggio 2020 ha ritenuto “che andasse accolta la richiesta di una condomina di eseguire a proprie spese delle opere edili sulle parti comuni al fine di permetterle – in ragione della propria disabilità – un miglior utilizzo delle stesse proprio perché detto intervento andava qualificato non come innovazione ma come modificazione”.

3. Differenza tra “modifica” ed “innovazione”

Ebbene l’innovazione riguarda opere che vanno a trasformare il bene comune alterandone l’originaria funzione e destinazione: per questo motivo deve essere deliberata dall’assemblea ed è realizzata nell’interesse di tutti i partecipanti alla comunione.

La modifica, invece, si riferisce a quelle situazioni ove il condomino può procedere ad eseguire delle opere che si limitano a permettergli un suo più comodo utilizzo.

Dette opere:

  • Non devono essere preliminarmente approvate dall’assemblea come è stato di ribadito da una ordinanza della Corte di Cassazione, la numero 36389/2022. Sul punto la Corte ha stabilito che un condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio può trasformarlo in terrazzo di proprio uso esclusivo sempre che tale intervento non dia luogo a modifiche significative della consistenza del bene e sia realizzato con tecniche tali da non affievolire la funzione di copertura delle sottostanti strutture.

  • Le relative spese devono essere sostenute dal singolo condomino che chiede la modifica.

  • Non devono impedire agli altri partecipanti la comunione di farne parimenti uso né deve mutare la destinazione specifica del bene stesso. Con riferimento a quest’ultimo aspetto ne deriva che ogni condomino ha diritto di utilizzare il posto auto condominiale, ma non può trasformalo in deposito di oggetti. Per quel che riguarda il primo profilo, ossia quello di impedire o limitare il pari uso da parte degli altri condomini così come stabilito dall’articolo 1102 codice civile, si sottolinea che la Corte di Cassazione ha negato che possa essere riconosciuto ad alcuni il diritto di fare un uso del bene diverso dagli altri sulla base del valore delle singole quote. Ecco perché la Suprema Corte ha confermato la pronuncia di merito che aveva annullato per violazione dell’articolo 1102 codice civile una delibera assembleare che aveva attribuito il diritto di scegliere i posti auto nel garage condominiale – tra loro non equivalenti per comodità di accesso – a partire dal condomino titolare del più alto numero di millesimi.

4. Si può pattuire l’uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale?

A questa domanda ha risposto al Corte Suprema di Cassazione a Sezione Unite (sentenza 28972/2020) stabilendo questo principio: “la pattuizione avente ad oggetto la creazione del cd diritto reale d’uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, costituente come tale parte comune dell’edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale dei diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune sancito dall’articolo 1102 codice civile, è preclusa dal principio che è insito nel nostro sistema codicistico che è quello del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità degli stessi”.

La suprema Corte è giunta a tale principio partendo dalla fattispecie sottoposta alla sua attenzione che si può così ricostruire.

Tre sorelle erano proprietarie in comunione di un edificio composto da tre unità immobiliari ad uso commerciale poste al piano terra ed altre tre unità ad uso residenziale collocate al primo piano oltre parti comuni costituite da un cortile retrostante l’edificio ed un’area antistante i negozi commerciali.

Successivamente, a seguito dell’atto di divisione, una delle tre sorelle diveniva proprietaria esclusiva di un appartamento posto al primo piano dell’edificio nonché di un locale ad un commerciale collocato al piano terra con l’uso esclusivo della porzione di corte antistante.

A seguire tali beni venivano alienati a terzi. A quel punto i nuovi proprietari degli altri due appartamenti posti al primo piano convocavano in giudizio quelli del locale commerciale posto al piano terra per far accertare, tra le altre cose, “che i convenuti si erano appropriati dell’area comune condominiale antistante il loro negozio mediante l’installazione di una tettoia e di una chiusura a pannelli, essendo gli stessi privi di un titolo valido”.

I proprietari contestavano quindi l’uso esclusivo della corte da parte del terzo proprietario proprio perché il cortile costituisce un bene comune a tutti i comunisti.

I titolari del diritto di uso esclusivo si difendono sostenendo di godere dell’uso esclusivo in forza del titolo o per usucapione della relativa servitù o per diritto all’uso ex articolo 1021 cc.

Ebbene la Suprema Corte fornisce risosta negativa specificando che l’autonomia privata non può creare diritti reali atipici che tra l’altro non sono neanche trascrivibili. Infatti l’articolo 2643 codice civile contiene una elencazione, questa volta tassativa, dei diritti reali soggetti a trascrizione che conferma per l’appunto che trattasi di diritti cd a numerus clausus.

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5. Lavori sulle parti comuni

All’interno della vita condominiale un punto dolente è spesso quello della esecuzione dei lavori. E’ necessario però ricordare che esistono due tipologie di lavori che devono essere eseguiti in un edificio: quelli cd di manutenzione ordinaria e quelli di natura cd straordinaria.

Ebbene con i primi si vuole far riferimento a tutte quelle attività necessarie per la regolare manutenzione dell’edificio e per assicurare il corretto funzionamento degli impianti. Per questi l’amministratore ha la facoltà di agire in modo autonomo e le spese sostenute vengono dapprima inserite nel preventivo e successivamente nel consuntivo di gestione.

La situazione invece cambia quando si tratta di lavori di cd straordinaria manutenzione perché in questi casi l’amministratore non può procedere senza prima consultare l’assemblea dei condomini sia in merito al tipo di lavori da eseguire sia in merito al soggetto che deve eseguirli. Va specificato però che a questa regola è prevista una eccezione che si ha quando l’intervento abbia carattere di urgenza. Sul punto infatti il legislatore all’articolo 1135 codice civile ha previsto che l’amministratore deve intervenire salvo riferirne alla prima assemblea che deve ratificare la spesa (Corte di Cassazione 9388/2023).

Un problema si può porre però quando l’assemblea condominiale non è in grado si assumere la decisione in merito alla esecuzione dei lavori da fare ovvero se non riesce a raggiungere la maggioranza per deliberare i lavori.

Al verificarsi di una tale situazione il singolo condomino può fare qualcosa?

La risposta viene fornita sempre dal legislatore, questa volta con l’articolo 1105 codice civile il quale, al quarto comma, dispone che “se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si orma una maggioranza ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria che provvede in camera di consiglio nominando anche un amministratore”.

Sul punto alcune considerazioni.

La prima. Questa norma è dettata per la cd “comunione ordinaria” ma, proprio in forza di quanto detto all’inizio per l’articolo 1139 codice civile, si ritiene applicabile anche alla “comunione forzosa”.

La seconda. L’articolo 1105 codice civile presuppone una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta amministrazione della cosa comune per mancata assunzione dei provvedimenti necessari o per l’assenza di una maggioranza o per difetto di esecuzione della delibera adottata.

Ne consegue che non trova applicazione quando l’assemblea ha approvato dei lavori considerati necessari per la manutenzione delle parti comuni che sono però stati contestati da alcuni compartecipanti.

In tale ipotesi infatti l’intervento del giudice si risolverebbe in una ingerenza nella gestione condominiale.

6. I diritti e doveri sulle parti comuni e le tabelle millesimali

All’interno del condominio i diritti e i doveri dei partecipanti sulle parti comuni sono proporzionali al valore della proprietà di ciascuno che viene espressa dai cd millesimi che, a loro volta, sono raccolti nelle cd tabelle millesimali.

I millesimi infatti rappresentano la quota che il bene di cui è titolare ciascun condominio ha rispetto all’intero edificio all’interno del quale l’unità è collocata.

Di contro esse rappresentano anche il criterio per determinare la misura del contributo che ciascun condomino deve apportare nella gestione del condominio.

Le tabelle millesimali assolvono quindi a diverse funzioni: in primis rappresentano la misura dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni e sui servizi condominiali.

Il secondo sono lo strumento tramite il quale avviene la ripartizione delle spese; il terzo sono, insieme alle teste, il parametro cui fare riferimento per stabilire i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea.

Tuttavia può capitare che non tutti i condomini facciano lo stesso uso dei beni comuni: si pensi ad esempio alle scale e all’uso che il proprietario dell’unità posta al primo piano ne fa.

Per questa ragione oltre alla tabella generale (la tabella cd a) della proprietà, esistono anche quella per le scale e per l’ascensore (detta anche tabella b e c) e quella per il riscaldamento (tabella d).

Nel codice civile le norme che fanno riferimento alle tabelle millesimali sono:

l’articolo 1118 codice civile in forza del quale il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga diversamente, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare di cui è proprietario.

l’articolo 1138 codice civile che stabilisce che quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci deve essere formato un regolamento il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

L’articolo 69 disposizioni attuative del codice civile che si occupa della rettifica e modifica delle tabelle stesse.

7. Conclusioni

Ogni persona che vive in un condominio ha, quindi, una doppia proprietà: una esclusiva, che consiste nel proprio appartamento, e una condivisa con gli altri condomini, costruita dalle cosiddette «parti comuni» dell’edificio.

È necessario quindi che ogni condomino conosca quali siano i suoi diritti e quali siano i suoi doveri rispetto a detti beni in modo da consentire una corretta gestione degli stessi.

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